Regia di Lawrence Fowler vedi scheda film
Esordio incompiuto per un novello regista inglese che tenta di girare tre film al prezzo di uno. Il tentativo di ambientare il girato in così diversi contesti fallisce miseramente. Non c'è collante tra l'uno e l'altro. E poi la -tanto suggestiva- maledizione della bambola della strega, sta solo nel titolo.
Inghilterra, 1660. Una strega viene prelevata con forza dai paesani, mentre maneggia una bambola dai lineamenti inquietanti.
Inghilterra, 1942. Per sfuggire ai pericoli della guerra, Adeline Gray (Helen Crevel) lascia il Kent assieme alla figlia Chloe. Trova supporto da parte dell'anziano filantropo Arthur Harper (Philip Ridout) che la ospita in una isolata tenuta tra i boschi, denominata villa Brynhill. È proprio qui che, dopo l'inspiegabile scomparsa della figlia, Adeline si imbatte nella bambola della strega.
Inghilterra, 2017. Una coppia di giovani si avventura all'interno dell'abbandonata e decrepita clinica Brynhill, per girare un video da postare su un social.
Personaggio tuttofare il giovane (classe 1990) debuttante Lawrence Fowler. Per questo irrisolto (e bruttarello) Curse of the witch's doll scrive la sceneggiatura, crea lo storyboard e si occupa della parte più prosaica, mettendo mano anche alla macchina da presa. Sotto l'aspetto puramente visivo, il film presenta scenografie molto curate ma la regia non è dinamica e le sequenze si susseguono con taglio anonimo, senza alcuna cifra stilistica. Gli attori sono in parte, anche troppo data la schizofrenia richiesta dal ruolo. Pensiamo, ad esempio, al povero Philip Ridout: prima nei panni di Harper, ospitale filantropo, poi costretto a mutare nell'ambiguo dott. Litner. Anche Helen Crevel deve averci capito ben poco sul set. Un po' nel ruolo di Adeline e un po' in quello di Mary. Sì, perché il grosso difetto di questo Curse of the witch's doll sta nel fatto di essere bipartito (tripartito considerando l'improvvisata chiusa in stile mockumentary, ambientata nel 2017).
Esattamente a metà percorso il registro del film scivola nel tentativo di passare su un piano narrativo superiore: Adelina è solo una seconda identità di Mary, una pazza rinchiusa in un ospedale psichiatrico (ovviamente la clinica Brynhill, tutt'altro che una villa quindi) perché incapace di accettare la perdita della figlia Chloe, morta sotto un bombardamento aereo in Kent. E la maledizione della bambola? Il titolo è fuorviante, non esiste alcuna maledizione (almeno non ci è data vedere, men che meno nel subliminale incipit medievale) e non è dato sapere come un pupazzo di circa 300 anni (forgiato perfettamente in plastica!) sia finito in una cassapanca della clinica. Tra incongruenze di sceneggiatura e comparse della bambola che strabuzza gli occhioni in CGI vien da rimpiangere gli infantili Puppets Master della Full Moon di Charles Band. Quelli almeno, per quanto ridicoli, sapevano stare davanti alla macchina da presa. Al novello cineasta inglese Lawrence Fowler, invece, suggeriamo di cambiare velocemente mestiere. È ancora in tempo.
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