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Le regine del crimine

Regia di Andrea Berloff vedi scheda film

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La recensione su Le regine del crimine

di mck
6 stelle

GoodWives.

 

 

Ci sarà pure un motivo per cui la brava, pedante, orgogliosa, militante, fiera, fondamentalista e giusto un filo ipocrita Natalie Portman, assieme a quelli (attendo eventuali gradite smentite) di Lorene Scafaria (“Hustlers”), Lulu Wang (“the Farewell”), Greta Gerwig (“Little Women”), Marielle Heller (“A Beautiful Day in the NeighborHood”), Melina Matsoukas (“Queen & Slim”), Alma Har’el (“Honey Boy”), Céline Sciamma (“Portrait of a Lady on Fire”) e Mati Diop (“Atlantics”), non s'è fatta cucire sull'abito che ha sfilato in passerella e s'è accomodato in prima fila durante la serata di premiazione degli Academy Awards 2020 il nome di Andrea Berloff. Perché è un maschio? No. E allora perché? Eh. Hm. Chissà. Mumble-mumble. 

 


The Kitchen”, l'opera d'esordio di Andrea Berloff, da lei scritta [è la sceneggiatrice del “World Trade Center” di Oliver Stone, di “Straight Outta Compton” di F. Gary Gray (con J. Herman) e di due action crime, “Blood Father” di J.-F. Richet (con P.Craig) e “SleepLess” di Baran bo Odar] traendola dall'omonima miniserie a fumetti di Ollie Masters, Ming Doyle e Jordie Bellaire per DC/Vertigo e ben interpretata da Melissa McCarthy, Tiffany Haddish, Elisabeth Moss, Domhnall Gleeson (“Ex Machina”, “Calvary”, “the Revenant”, “Mother!”), Brian D'Arcy James, James Badge Dale, Jeremy Bobb, Margo Martindale, Bill Camp, Wayne Duvall, Annabella Sciorra, Will Swenson e Common, scorre tra un susseguirsi codificato d'ingenue (consapevoli e/o involontarie) semplificazioni condite da alcuni, pochi, bei momenti.

 


Fotografia di Maryse Alberti (“Poison”, “Crumb”, “When We Were Kings”, “Happiness”, “Velvet GoldMine”, “No Direction Home”, “the Wrestler”, “the Visit”). Montaggio di Christopher Tellefsen (“Kids”, “Smoke / Blue in the Face”, “Flirting with Disaster”, “the People vs. Larry Flynt”, “Gummo”, “Man on the Moon”, “the Village”, “Capote”, “A Guide to Recognizing Your Saints”, “Money Ball”, “Joy”, “A Quiet Place”, “Widows”, “Light of My Life”). Musiche di Bryce Dessner.
Prodotto da New Line, Bron, DC Vertigo, Michael De Luca e Marcus Viscidi ('st'irlandesi che devono andare a chiedere i soldi agl'italiani... Che "mai" li riavranno indietro: costato 38 mln $ ne ha incassati 16). Distribuisce Warner.

 


Climax catartico-epifanico, con scoppio di benefiche risa (le mie): Elisabeth Moss, con materia cerebrale altrui ad arrossarle la bionda chioma, mentre prende a calci il cranio di un uomo riverso a terra che se l'è andat'a cercare.

Una scena molto bella vede Tiffany Haddish sostare alla finestra della camera da letto mentre la notte fuori incombe e la MdP riprende un corpo sul letto che si muove nel sonno coperto e reso irriconoscibile dalle lunzuola: un elemento chiave che verrà risolto solo in un secondo momento più in là nella narrazione.
Il finale ha il pregio di tagliare corto quando la storia oramai ha perso d'interesse (no, questo GoodWives non è la versione al femminile del capo d'opera scorsesiano: diciamo che siam più dalle parti - e non certo solo per la presenza di Melissa McCarthy - del “GhostBusters” di Paul Feig...). 

 

* * ¾ - * * *      

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