Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film
Il vecchio Casanova fa il bibliotecario in un castello boemo, scrive le proprie memorie e racconta alla graziosa nipote del padrone di casa un episodio accadutogli a Londra trent’anni prima. Quello fra Casanova e il cinema è stato un connubio fecondo: Comencini ne ha raccontato gli esordi, Fellini ha ripercorso la sua intera carriera di libertino, Scola ne ha dato un ritratto crepuscolare. La versione di Benoît Jacquot è quasi necrofila: un uomo incartapecorito, amareggiato, estraniatosi dalla vita. Ma non si capisce in cosa consista l’esemplarità della vicenda rievocata in flashback, perché abbia avuto per lui tanta importanza da portarlo sull’orlo del suicidio, cosa avesse di diverso dagli altri suoi amori: è la storia un po’ squallida di una mantenuta con cui ha creduto di giocare a gatto e topo, salvo poi restarne coinvolto sentimentalmente. Le emozioni latitano; e il Settecento rimane sullo sfondo, ridotto a forma.
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