Regia di David Evans vedi scheda film
Lei pignola, saccente e psicologicamente fragile, lui infantile, rozzo ed ultrà dell'Arsenal. Non si sa come, dopo un paio di liti sul lavoro ed un passaggio in macchina, lei aspetta un figlio da lui, lui continuerà a pensare solo al calcio trattando lei malissimo, ma lei tornerà, con tanto di coda tra le gambe, figlio in uscita e bandiera dell'Arsenal sulle spalle. Il "finto verismo" (P.Mereghetti) inglese anni '90 ha saputo offrire prove decisamente più convincenti di questa commedia ibrida e senza spessore. Molto spesso in operazioni del genere lo sport (il calcio, in questo caso) è trattato come pretesto per parlare d'altro, come metafora od allegoria, beh, qui si ha invece l'impressione che sia proprio il fine ultimo di tutto il film. I personaggi son tagliati con l'accetta, e provare simpatia per l'imbelle professore-hooligan che concepisce gli affetti solo quale riempitivo dell'intervallo tra il primo e il secondo tempo è impresa che riesce solo al regista. Evans - che non è nè Loach nè Winterbottom - lavora su una sceneggiatura autobiorafica evidentemente piatta e priva di fascino, rendendola se è possibile ancor meno accattivante. Ritmo zero, umorismo men che meno, neanche la vicenda sportiva è resa col giusto pathos. La Gemmell è carina e adatta alla parte, e si prova quasi compassione per lei nel vederla rinunciare ad amor proprio e dignità per gettarsi masochisticamente nelle braccia d'un Firth insopportabile dal primo minuto fino al novantesimo, supplementari compresi.
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