Regia di Roger Spottiswoode vedi scheda film
Le trovate testimoniano più fantasia, ma il prologo avvince pochissimo.
Secondo capitolo dell'"era Pierce Brosnan", prodotto a due anni di distanza dal rilancio, avvenuto attraverso Goldeneye, del personaggio inventato da Ian Fleming. Ormai le gesta cinematografiche di 007 sono autonome da quelle letterarie (la sceneggiatura di Bruce Feirstein è integralmente originale, come per il film precedente), e riguardano stavolta il mondo dei mass media, di cui si sottolineano grettezza e strapotere mediante la figura di Elliot Carver (Jonathan Price, grande villain), imprenditore dell'informazione che crea disastri dal nulla per averne garantita l'esclusiva su giornali e televisioni. Meno slegato del suo predecessore, Il domani non muore mai ne conserva tuttavia i maggiori limiti, sebbene il clima eretto a tavolino sia quello del periodo di massimo splendore della saga e degli episodi con Roger Moore (l'ironia è dilagante, peraltro anche dove non sarebbe così opportuna). Proprio per questo, le trovate testimoniano più fantasia (la guida indiretta dell'auto con l'aiuto di un antesignano del touch; la lotta finale), ma il prologo avvince pochissimo e Judi Dench è relegata in scene di basso conto. Anche se Brosnan, disinvolto ed audace, convince maggiormente. Alle regia, Roger Spottiswoode (sceneggiatore di 48 ore) se la cava. I titoli di testa digitali con donna meccanica (di Daniel Kleinman) sono di fascino significativo.
Il pezzo Tomorrow Never Dies è cantato da Sheryl Crow. Colonna sonora di David Arnold.
Film DISCRETO (6) — Bollino VERDE
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