Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Tutta la prima parte, pur ripercorrendo schemi già battuti (il/la protagonista che si trova improvvisamente al centro di un’apocalittica furia mortale collettiva e trova riparo assieme a un pugno di superstiti) è trascinante e trova un’inedita energia nell’esposizione violenta e implacabile di un racconto teso e serrato, come più non si potrebbe. Ottima l’interpretazione di Sandra Bullock, efficace e solida la regia della Bier.
Nella seconda metà purtroppo scemano idee e vigore e “Bird Box” incappa nella ripetitività di schemi e modelli già visti troppe volte. Il film risulta inoltre eccessivamente lungo: venti minuti di meno lo avrebbero reso molto più scorrevole.
Su tutto poi aleggia lo spettro offuscato ma percepibile di una qual certa fattura televisiva, la semplicità tematico-espositiva di un’operazione che sa di essere destinata al piccolo schermo e, anziché prendersi rischi, sceglie di aderire a un format, a uno standard, ai canoni prestabiliti del pubblico al quale va incontro.
In definitiva è buon intrattenimento, che ben risponde all’intento dello spettatore medio di passare due ore comode e spensierate davanti alla TV. Nonostante il mestiere della Bier emerga in più tratti e il cast funzioni alla perfezione (oltre alla Bullock è da menzionare anche John Malkovich nel ruolo ormai a lui congeniale ma comunque nuovamente efficace del rude bastardo senza scrupoli), “Bird Box” emerge come un cocktail pure un po’ annacquato di “E venne il giorno” e “A Quiet Place”.
Sufficiente, senza infamia e senza lode, ma con un finale che più fiacco e telefonato non si potrebbe.
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