Regia di Jordan Peele vedi scheda film
"Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò." - Geremia 11:11
Jordan Peele ritorna al cinema in grande stile con un altro thriller-horror politico intitolato US e tradotto in Italia con "Noi", ovviamente in modo sbagliato facendo perdere persino l'ambivalenza del titolo. US non è solamente un pronome complemento in inglese, ma è anche l'acronimo di United States.
Il regista afroamericano ha chiaramente puntato per questa scelta simbolica non solo per esplicitare la sua critica nei confronti dell'America, ma anche per risvegliare il subconscio degli spettatori che verranno criticati, mutilati, estraniati ed inquietati durante la visione.
Jordan Peele, inizialmente un comico, ha ottenuto la sua fama grazie alla sua opera prima Get Out che attraverso il genere thriller horror criticava aspramente il buonismo e il liberalismo americano, mostrando l'altra faccia della medaglia del razzismo negli USA. Il film seppur dirompente e horrorifico, riusciva comunque a bilanciare sapientemente l'ironia e la comicità insieme all'inquietudine generale della trama. L'originalità della pellicola incredibilmente è stata così premiata con l'Oscar alla miglior sceneggiatura originale, consacrando la figura di Jordan Peele negli ambienti più mainstream hollywoodiani.
La popolarità non ha comunque annacquato il suo talento, tant'è che da semplice regista è diventato un grande cineasta, infatti nel periodo di pausa tra i suoi due film, ha deciso di produrre BlackKklansman di Spike Lee, ormai suo mentore ed amico, e di occuparsi del revival della serie tv scifi antologica degli anni '50 The Twilight Zone, famosa nel saper sfruttare il genere fantascientifico per trattare tematiche socio-politiche. Ed è proprio da un episodio di quest'ultima che al nostro giovane cineasta venne l'ispirazione per dirigere il suo secondo film, US.
La trama parte con un flashback nel 1986, dove la nostra protagonista Adelaide da bambina si trova in un Luna Park con i suoi genitori. Mossa dalla curiosità, si imbatte in un'attrazione horror ed entrandovi, si ritrova circondata da mille specchi che la portano ad un certo punto a trovarsi a faccia a faccia con un suo clone. Dopo lo spavento, la bambina scappa subito dalla galleria degli specchi e raggiunge i suoi genitori.
Ritornando ai giorni nostri, vediamo la nostra Adelaide cresciuta e sposata con tanto di famiglia, che ancora rimembra la sua scioccante esperienza da piccola, rendendola tormentata e taciturna. La sua personalità introversa non le preclude però il fatto di essere una madre amorevole e protettiva con i suoi figli.
Sotto consiglio di suo marito, decide quindi di svagarsi un po' andando in vacanza al mare, dove si scopre però che la località marittima è la stessa in cui anni prima aveva avuto il famoso episodio traumatico nel luna park.
Nonostante la località turistica sia accogliente e coinvolgente, Adelaide sembra l'unica fuori luogo nella famiglia, mostrandosi schiva di fronte agli amici di suo marito e sempre più spaventata da una presenza oscura onnipresente che lei avverte come pericolo imminente.
La sua paura più grande si concretizza, infatti una sera si assiste ad una "home invasion" da parte di Doppelgänger identici ai suoi figli, a suo marito e anche a sé stessa. I cloni malvagi mostrano comunque sottili differenze come nelle espressioni facciali, nelle gestualità, nel vestiario e nei modi di comunicare che inquietano la famiglia ordinaria, ormai imprigionata in casa e tenuta in ostaggio dai loro corrispettivi malvagi che vogliono ucciderli.
L'unica che sembra parlare in modo comprensibile è Red, la Doppelgänger di Adelaide, che spiega la natura dei doppioni maligni chiamati "le ombre", venute dalle tenebre degli stessi esseri umani e che ora reclamano vendetta e un giudizio universale che le ponga giustamente a sostituirsi all'ordine precostituito.
La famiglia di Adelaie dopo varie peripezie riesce a liberarsi dalle grinfie delle loro ombre, scoprendo che il fenomeno anomalo a cui hanno assistito non è solamente circoscritto al loro quartiere, ma all'intero pianeta, tant'è che i notiziari dipingono uno scenario da invasione zombie, lasciando i nostri protagonisti abbandonati a loro stessi.
Ancora una volta Jordan Peele riesce a confezionare un thriller horror politico sensazionale, che seppur sia più virtuoso nella regia rispetto a Get Out e ancora più profondo nella critica all'american way of life, pecca parzialmente nella sceneggiatura nel momento in cui cerca di razionalizzare al pubblico l'esistenza delle ombre, che potevano benissimo funzionare senza uno "spiegone" sul finale che di conseguenza crea involontariamente falle logiche e buchi di trama.
Nonostante questo piccolo neo, che comunque può trovare una giustificazione plausibile con un'ulteriore visione del film e una successiva riflessione, la pellicola non viene intaccata totalmente nella sua qualità cinematografica ed emblematica simbologia, che per certi versi ricorda gli zombie movie di Romero, che attraverso i corpi putridi dei non morti, raccontavano la crudeltà della società e la lotta di classe tra proletariato e borghesia.
Il regista difatti, riprende chiaramente le critiche di Romero riadattandole al nostro contesto contemporaneo dove stavolta si hanno delle ombre che inseguono le nostre paure, la nostra stabilità, il nostro benessere, il nostro comfort, la nostra ricchezza. Perché se gli umani agiscono in solitario pensando esclusivamente ai propri interessi, le ombre agiscono in collettività, formando una catena umana che parte dalla località balneare fino ad arrivare ai confini del mondo.
L'uso della forbice da parte loro è simbolo di rottura con la società umana che viveva alle loro spalle, decidendo così di tagliare il legame che li legava alle loro controparti umane, di rompere con il passato e la sofferenza a spese dei loro stessi creatori.
La genesi di questi corpi senza anima e dunque animaleschi, non era niente meno che frutto di un esperimento governativo di clonazione della popolazione statunitense sotterraneo al luna park di inizio film; fallito in quanto non riusciva a creare un'anima per questi corpi, ma solamente una malsana copia difettosa dell'essere umano.
L'emulazione fallita, l'obbligatorietà di seguire le gestualità delle loro controparti in superficie, il fardello di vivere in una condizione di schiavitù sotterranea e la mancanza di un vero approvvigionamento, sono gli elementi scatenanti di questa ribellione guidata da Red, la Doppegänger della nostra protagonista.
La critica al capitalismo e al liberismo americano sono nettamente marcati nella pellicola, dove all'inizio del film si illustrano i vari tunnel dell'america popolati da persone che si sono impoverite a discapito di altre che si sono arricchite a loro spese.
L'utilizzo dei corpi mutilati, delle facce sfigurate e dei movimenti che queste ombre compiono per emulare i loro alter ego che abitano nel mondo in superficie, denuncia chiaramente l'iniquità della massa popolare, soprattutto quella di ceto medio-basso, a rincorrere modelli futili e irraggiungibili di status symbol come celebrità, influencer, mode e marche di lusso.
Il discorso sulla diversità e sulla disuguaglianza non risulta comunque reiterato e banale, anzi, la chiave di lettura principale viene rappresentata dalla famiglia protagonista della pellicola, che è emblematica nel descrivere la complessità della nostra esistenza e della banalità del male.
Il film infatti, ci mostra come è il contesto e la classe sociale di appartenenza ciò che condiziona il nostro modo di vivere e di interpretare il mondo, e che le barriere sociali si ergono unicamente nel momento in cui smettiamo di dialogare con chi è diverso da noi.
L'origine del male nasce dunque nel momento in cui il benessere dell'altro si riflette sul malessere del prossimo, che prima o poi quest'ultimo, nella brutalità e nella violenza, cercherà di prevaricare sull'altro per vendicarsi dell'angherie subite e riprendersi il suo legittimo ruolo di predominanza, inducendo l'umanità in un circolo vizioso senza fine.
Lo dicotomia filosofica tra Red e Adelaide rappresenta l'ultimazione di questo discorso che seppur diluito nello spiegone, non inficia minimamente sul messaggio socio politico nel finale, che si conclude con un sorriso inquietante e forse benevolo, ricordando agli spettatori che ognuno di loro racchiude i propri demoni interiori, che potrebbero confermare la loro crudeltà o la loro dubbia morale.
La regia del film svolge un ruolo fondamentale nel descrivere tutti questi sottotesti che caratterizzano la pellicola che inquadra in maniera maniacale il movimento dei corpi e l'espressione degli attori, soprattutto quando il volto dell'attrice Lupita Nyong'o piange; il primo piano di Jordan Peele evidenzia l'occhio tondo bianco sbarrato che lacrima, rigando la faccia scura della donna. Un elemento ricorrente anche in Get Out, quando l'attore Daniel Kaluuya viene ipnotizzato sulla poltrona.
L'unione tra l'interpretazione degli attori e le inquadrature trasmette un'espressività di completa alienazione e terrore, portando lo spettatore ad empatizzare maggiormente con le emozioni dei protagonisti.
I volti e i corpi rappresentano infatti la dinamicità della regia, dirigendo perfettamente il cast che deve anche recitare un doppio ruolo, aumentando la difficoltà dell'interpretazione che produce comunque risultati eccelsi, soprattutto Lupita Nyong'o che da donna indifesa passa a diventare un'assassina psicotica.
Subconscio ed inconscio vengono rappresentati perfettamente anche dall'alternarsi delle varie dimensioni sottosopra, con delle scenografie spettacolari e un alternarsi del montaggio efficace a rappresentare da una parte la sporcizia e l'oscurità delle ombre, e dall'altra gli ambienti solari e spledenti degli esseri umani.
La scontro finale tra Adelaide e Red che viene rappresentato come una danza macabra al limite della sopravvivenza è geniale in quanto rappresenta la conflittualità di questi due personaggi che seppur simili, sono destinati a scontrarsi, il tutto accompagnato da un montaggio da cardiopalma e da una colonna sonora inquietante che rende la scena ancora più grottesca.
Concludendo, Jordan Peele si conferma essere uno dei registi più interessanti del nostro secolo che da semplice comico si è trasformato in un grande cineasta di talento che ama il Cinema di genere e che sa come intercettare il suo pubblico trasmettendogli messaggi socio politici non indifferenti, che non scadono in banali rappresentazioni o in false ipocrisie tipiche dell'America Liberal Radical Chic.
US, nonostante sia leggermente inferiore a Get Out per scrittura, ma notevolmente superiore per la regia, dimostra come il talento del giovane cineasta afroamericano debba ancora crescere, ma che sicuramente regalerà ogni volta pellicole originali e dirompenti proprio come il suo collega Spike Lee.
Voto 8.5
PS: Un grande merito va dato anche alla colonna sonora e dunque eccovi il pezzo che accompagna lo scontro finale tra Red e Adelaide
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