Regia di Jordan Peele vedi scheda film
“Noi” è un horror immancabile, ma anche molto di più. Certo, fa paura, dispone di un crescendo invidiabile e pesca nell’universo del genere senza preoccuparsi di accumulare pulsioni conosciute, ma poi evidenzia soprattutto una spiccata dote comunicativa. E parla di noi, delle paure del singolo così come dell’umanità e del corso che ha intrapreso.
Le esperienze traumatiche lasciano un segno profondo, che può finire in un angolo remoto della nostra memoria ed essere modificato nella sua percezione, comunque sia pronto a tornare a galla, anche dopo tanto tempo e attraverso semplici associazioni, senza richiedere particolari preavvisi. Quando questa condizione prende piede, anche i conoscenti più stretti rimangono spiazzati e il giudizio subitaneo fa pensare a un esaurimento o di trovarsi dinnanzi a una persona fuori di testa. Tuttavia, la questione non è sempre così semplice da interpretare e, nei casi più estremi, arriva a riguardare anche gli altri, talvolta con conseguenze inimmaginabili.
Partendo da questo presupposto, Us libera un incubo in levare, una reazione a catena che allarga la sua sfera d’interesse assemblando elementi sempre più minacciosi e chiavi di lettura destabilizzanti.
Con la sopraggiunta morte dei suoi genitori, Adelaide (Lupita Nyong’o) rientra in possesso della casa a Santa Cruz, dove ha vissuto la sua infanzia, occasione ideale per trascorrerci le vacanze insieme al marito Gabe (Winston Duke) e ai figli Jason (Evan Alex) e Zora (Shahadi Wright Joseph).
Fin dal principio, Adelaide è tormentata dal suo passato ma, dopo una giornata trascorsa in spiaggia, le paure che l’attanagliano coinvolgono direttamente anche il resto della sua famiglia. Incredibilmente, si trovano di fronte a quattro figure misteriose, che scopriranno essere perfettamente identiche a loro.
Sarà solo l’inizio di una lunga lotta per la sopravvivenza, che obbligherà Adelaide a fare i conti con quanto accadutole da bambina.
Prodotto, scritto e diretto da Jordan Peele, Us amplifica i felici presentimenti associati a Scappa - Get out, inducendo a credere in un brillante futuro per il regista newyorchese. Nuovamente, con ancora più vigore e una sfera d’influenza più sostanziosa, Jordan Peele esperisce un assetto horror pescando a piene mani dalla fonte del genere, per poi aggiungere frammenti consoni ad andare oltre la superficie e incrementare l’impeto delle suggestioni.
Così, Us scatena la tempesta partendo da un bicchier d’acqua, quella solita vacanza - ipoteticamente rose e fiori - di un nucleo ristretto di personaggi che ogni anno troppi horror propinano senza alcuna voglia di andare oltre jumpscare a comando. Senza perdere troppo tempo, questa volta vengono attivate connessioni multilayer, per cui da una prima lettura cinefila a pelo d’acqua si va oltre, fino a sprofondare negli abissi, del subconscio (la protagonista e i suoi trascorsi mai realmente metabolizzati) così come di quesiti ancestrali (chi siamo veramente?), senza trascurare agganci estremamente attuali (i rinnegati abbandonati in luoghi sufficientemente lontani da non dar fastidio a nessuno: l’importante è non vederli).
Contestualmente, il ricorso al doppelgänger è estremo, in pratica siamo alla sua rappresentazione definitiva (è impensabile andare oltre, almeno per quantità), un modo alternativo per rappresentare il nostro dark side e anche un’invasione sconosciuta (più inquietante anche de L’invasione degli ultracorpi), con una progressione che procede per cerchi concentrici, sempre più ampi (famiglia ---> amici ---> comunità), fino ad approdare a un finale che rimescola gli ingredienti (in questo caso, la soluzione è intuibile).
Per giunta, tutto questo avviene senza disdegnare sciabolate beffarde e un tono irriverente (à la Scream), ricorrendo senza problemi a topoi horror e simboli, per cui la raffigurazione della famiglia bianca e arricchita, contraddistinta da un assordante vuoto pneumatico, è encomiabile, mentre gli uomini sono immancabilmente rammolliti (insomma, si sta sul pezzo).
Per la riuscita di questo meccanismo ad ampio raggio, un contributo fondamentale è riconducibile a Lupita Nyong’o (scoperta e premiata con l’oscar per 12 anni schiavo), protagonista eccelsa che buca lo schermo vivendo l’incubo a occhi spalancati, mentre nel suo ruolo defilato, ma con le scene giuste per farsi sentire, Elizabeth Moss si conferma suggello prediletto di quelle produzioni che ambiscono a una denominazione di origine controllata.
Comunque sia, Us è innanzitutto la – gradita - conferma del talento di Jordan Peele, un fabbricatore di incubi dalla vocazione cinefila a 360 gradi (citando esplicitamente Mamma, ho perso l’aereo, ricorda come anche i paletti di facile richiamo non debbano finire nel dimenticatoio). Un autore moderno, in grado di ordire macchinazioni articolate per addurre molteplici traiettorie, tra confronti con se stessi (oggi è più facile rinchiudersi nel proprio guscio, provando a dimenticare), la lotta per la sopravvivenza (senza nemmeno rendercene conto, già ci siamo dentro) e un intrattenimento sano, che non dimentica di coinvolgere e rilasciare schegge di terrore recepibili anche dallo spettatore occasionale: solo con un modus operandi di questa tipologia, un discorso aperto può attecchire su vasta scala e proseguire con rinnovata consapevolezza.
Rara avis.
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