Regia di Jordan Peele vedi scheda film
Chi siamo noi (americani) ce lo dice solo una storia personale fatta di occasioni giuste o sbagliate, dove i mali peggiori sembrano essere il conformismo sociale e lo smarrimento della memoria storica, laddove una piccola figlia degli inferi può alfine partorire i figli della luce e la sua sfortunata copia marcire per sempre nel buio e nell'oblio.
La vancanza estiva nella casa di villeggiatura è l'occasione per Adelaide di rilassarsi insieme al marito e ai due figli, ma anche quella per il riaffiorare di un oscuro e mai risolto trauma d'infanzia subito all'interno della 'camera degli specchi' di un luna park sulla spiaggia. Quando delle figure minacciose si presentano di fronte al vialetto d'ingresso della loro abitazione, i fantasmi del passato sembrano finalmente assumere sembianze umane; o almeno così sembra...
We Are What We Are...What We Are...What We Are
Va dato senz'altro atto a Jordan Peele che l'utilizzo degli stereotipi del genere horror quale base allegorica di un discorso che si allarga all'analisi della società americana, da sempre innervata dalle contraddizioni di una democrazia liberale che custodisce un rapporto mai risolto con la questione razziale e con quella classista, sembra essere più nel coraggio di una cifra narrativa e stilistica che comporterebbe l'inevitale rischio di intrappolare il suo autore nella maniera un po' speciosa dei film a tema, nè più nè meno di quello che si sente spesso rimproverare ad un cineasta eccentrico, ma oramai affermato e generalmente ben accolto, come Yorgos Lanthimos. Un problema a latere assai meno sottile e contingente invece, è quello dell'involontario ridicolo che la deriva di soggetti così smaccatamente surreali sembrano portare con sè, dal richiamo ad una sperimentazione (trans-cranica) di trasmigrazione della coscienza a quella di un controllo sociale a base di una clonazione di massa underground, che richiedono una messa in scena in grado di rendere credibile l'orrore saltando a piè pari tanti i buchi della logica quanto quelli del montaggio, con la necessità quindi di ricorrere al flashback ed alle prosaiche spiegazioni finali che ne depotenziano inevitabilmente la portata simbolica; in fondo mantenere l'ambiguità ha da sempre rappresentato il valore aggiunto in operazioni di questo genere.
Ne esce un film come al solito citazionista, disseminato di indizi sulla sulla cultura cinematografica (e non) a stelle e strisce, in cui la paura del diverso (l'altro da sé) è l'utile paradigma per ribaltare gli stereotipi morali più in voga e per allargare il discorso al rapporto tra natura e cultura come vero motore del progresso umano (la specularità tra famiglia funzionale e quella disfunzionale), ma anche come contraltare di una cattività quale peccato originale di una società che si è storicamente fondata sulla tratta umana e sullo sfruttamento delle masse, scimmiottando da un lato l'inutile pantomima di una catena umana di solidarietà sociale che attraversa gli States da costa a costa e dall'altro una rivolta degli oppressi che solo la propaganda dei burattinai e la manipolazione dei media vogliono dalla parte del torto. Insomma chi siamo veramente noi americani (come recita l'insegna di una camera del rispecchiamento in cui una Alice puo' perdersi ed un'altra Alice ritrovare sè stessa) ce lo dice solo una storia personale fatta di occasioni giuste o di occasioni sbagliate, dove i mali peggiori sembrano essere il conformismo sociale (lo status simbol di una barca col motore costantemente in panne o la parossistica imitazione degli umani da parte di grottesche figure platoniche) e lo smarrimento della memoria storica, laddove una piccola figlia degli inferi può alfine partorire i figli della luce e la sua sfortunata copia conforme essere destinata a marcire per sempre nel buio e nell'oblio. Produce ancora Jason Blum, ma con il supporto della Universal, avendo fiutato una gallina dalle uova d'oro con un Oscar all'attivo (migliore sceneggiatura originale), su quattro candidature complessive, già al primo shooting.
Us (us, us, us, us) and them (them, them, them, them)
And after all we're only ordinary men
Me
And you (you, you, you)
God only knows
It's not what we would choose (choose, choose) to do (to do, to do)
Forward he cried from the rear...
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta