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Aspromonte - La terra degli ultimi

Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Aspromonte - La terra degli ultimi

di axe
6 stelle

Africo, terra d'Aspromonte, Calabria, 1951. Gli abitanti del paese, contadini e pastori, si lamentano per le molte tasse e l'assenza di servizi. Nonostante le promesse, nulla è fatto per loro; dopo la morte di una donna incinta, decidono di fare da loro. Sotto la direzione del carismatico Peppe Morabito, i paesani iniziano la costruzione di una strada. Sono però osteggiati sia dalle istituzioni locali, la cui colpevole inerzia attira le sgradite attenzioni dei loro vertici, sia dal brigante Don Totò, che può spadroneggiare solo grazie all'isolamento dei contadini. Nel frattempo, una maestra, giunta dal nord Italia, prova a cambiare le cose. Questo film drammatico racconta una storia semplice, con il fine d'illustrare le condizioni e prospettive di vita dei "cafoni" di una precisa località, l'Aspromonte, una terra arida ed amara, sospesa tra monti scoscesi ed il mare, la quale non è certo tenera con le persone che tentano di trarre sostentamento da essa. La comunità di Africo, composta da persone pacifiche e laboriose, tiene duro finchè può per ottenere un miglioramento della propria condizione, ma, alla fine, è costretta a cedere ed abbandonare la località - e, con essa, le proprie radici - per trasferirsi, in nome di una modernizzazione forzata e non voluta, nella contrada a ridosso del litorale. Nessuno è esente da colpe; oltre alle istituzioni, assolutamente disinteressate al benessere sociale, ed al criminale Don Totò, la cui prosperità si basa sulla difficoltà dei popolani di sviluppare nuove prospettive e maturare coscienze e conoscenze, sono responsabili gli stessi paesani, omertosi e sfiduciati. Un buon cast rende piacevole la visione. Bravo Marcello Fonte nelle vesti di Ciccio, il "Poeta", un membro della comunità che passa il tempo in solitudine o a scrivere, ed è pertanto in grado di far da tramite tra i suoi compagni e la maestra, Giulia - interpretata da Valeria Bruni Tedeschi - una donna sola e dal passato misterioso, piena di buona volontà, e relativamente ben accolta dai paesani, ma destinata a profonde delusioni. Degni di nota i ruoli di Francesco Colella, l'indomito Peppe Morabito, ma - anch'egli - incapace di cambiare le cose, e Sergio Rubini, che fa una breve apparizione nei panni di Don Totò, un bandito rispettato della comunità, "ndranghetista" ante litteram. Il regista dedica molta attenzione alla descrizione della contrada di Africo e delle attività agricole dei suoi abitanti, ovviamente "edulcorandone" la rappresenteazione a beneficio di ogni spettatore. La volontà di fare un film attinente alla realtà è altresì attestata dall'uso del dialetto, che risulta, almeno per me, quasi sempre comprensibile. Un'opera discreta, dai nobili intenti e dalle buone interpretazioni, in grado di colmare le lacune di una trama molto, molto scarna. Da vedere, se non altro per la cura con la quale è illustrato uno stile di vita del quale i testimoni viventi iniziano ad essere meno.

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