Regia di Jordan Downey vedi scheda film
Di un elefante l'orma, di un drago l'ombra.
Jordan Downey, classe 1986 dall’Ohio, già autore della saga sul tacchino assassino “ThanksKilling”, nel 2018 con 30.000 dollari dichiarati [l’inutile Bryan Singer e i discreti André Øvredal e Duncan Jones per inscenare i loro (cacciatori di) giganti, troll ed orchi avevano a disposizione un budget con un’estensione di 2 o 3 zero operatori in più, mentre, con quasi le stesse “lire” o relativamente poche in più, recentemente sono usciti gioiellini come: “Europa Report” di S.Cordero del ‘13, “Prospect” di Caldwell & Eare del ‘18 e “the Vast of Night” di A.Patterson del ‘19] e un solo, bravo attore semi-esordiente (Christopher Rygh) in campo (più qualche testa mozzata ad opera di Troy Smith ed Erik H. Weir), realizza - scrivendola e co-producendola (assieme a Ricky Fosheim) con Kevin Stewart, anche direttore della fotografia, e montandosela da sé - un’opera, questa “the Head (Hunter)”, tanto… “bressoniana”...
[schivato il fulmine… dicevo... nel senso dell’aneddoto leggendario, vale a dire più vero del vero, che vede protagonista il regista di “Au Hasard Balthazar”, ingaggiato da De Laurentiis per la “sua” Bibbia, dire al produttore, già gongolante immaginandosi le scene di massa che ne sarebbero venute fuori dopo aver affittato durante la preparazione del kolossal una marea di animali da zoo e circhi, che di tutte quante le bestie dell’Arca “se ne vedranno solo le impronte sulla sabbia” (risultato: il film lo diresse John Huston per la pagnotta, e anni dopo Aronofsky non ne mise in scena nemmeno le orme, ma nel suo caso anche il film - che rimane uno dei suoi migliori - avrebbe latitato senza lasciare traccia, rimanendo un relitto di "kolossal/blockbuster sperimentale" boccheggiante sulla linea di galleggiamento), mentre qui, di un drago, ne basta l'ombra...]
...quanto dichiaratamente debitrice del primo Sam Raimi, quello di “Evil Dead” e “Army of Darkness” (ma richiami netti - cercati e voluti o meno - si hanno anche verso il quasi coevo, uscito l’anno precedente, “November” di Rainer Sarnet e, più collateralmente, con una altro paio di film dal budget ridotto - magari non così all’osso - quali “Sauna” di Antti-Jussi Annila del 2008 e “Hagazussa” di Lukas Feigelfeld anch’esso del 2017), ambientandola in un medioevo ucronico (o, da amante della SF, in un “lontano” futuro distopico) ritrovato un po’ in Portogallo e un po’ in California.
Musiche di Nick Soole (discrete, ma utilizzate in modo un po’ troppo invadente) e sound design di Eric Wegener (anche questo, per quanto inventivo, non perfettamente gestito).
Finale tanto sardonicamente quanto “inutilmente” cinico.
* * * ¼ - 6½
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