Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Commovente e divertente, emozionante e appassionante, didascalico ma non retorico. Un affresco di una terra meravigliosa, l'Abruzzo, e della società vista attraverso 4 decenni di scuola. Opera prima di Riccardo Milani, che qui porta un carico di idee e stimoli eccezionale. Orlando in stato di grazia, accompagnato da grandissimi comprimari.
Questo è uno dei film che ho amato, amo e amerò di più.
Il regista, qui alla sua opera prima, si specchia nel giovane Silvio Orlando, professore idealista in una scuola che non ha spazio per chi vuole uscire dagli schemi.
Proprio attraverso questo personaggio, il giovane regista rappresenta sogni, ideali, critiche sociali che sente fortemente e che riaffioreranno nelle sue opere successive.
C'è l'Abruzzo, anch'esso un elemento che ritornerà, con la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi paesaggi.
Il 1997 è stato per me l'anno della maturità, proprio in Abruzzo. Difficile, quindi, non rispecchiarmi in molto di quest'opera.
Scrittori, registi, musicisti, spesso si trovano a un certo punto della propria carriera in crisi produttiva, o, perlomeno, si può osservare una transizione più o meno vistosa dall'entusiasmo dei primi tempi al "mestiere" che subentra successivamente. Un po' come quei politici idealisti (cioè una sparuta minoranza), che arrivano in parlamento con grandi ambizioni, e alla fine della legislatura o sono stati comprati, o sono stati messi all'angolo, o si sono semplicemente resi conto di non contare niente. Ecco, qui c'è tutta la freschezza del primo progetto del regista, della sua voglia di raccontare e di innovare, e con un carico di idee da condividere.
Non riesco a trovare nulla fuori posto, in questo piccolo capolavoro: la trama è coinvolgente e per nulla scontata, addirittura con una svolta finale che mantiene alto l'interesse fino alla conclusione. La narrazione a piani temporali sovrapposti è un'ottima prova registica e attoriale. Nonostante la natura drammatica di fondo, tutto il film riesce a regalare risate e sorrisi, e non smette mai di far riflettere. La critica sociale è netta, non moralisticheggiante nè retorica, ma, anzi, ispirata e rappresentata in modo molto acuto con esempi pratici e realistici, anzichè con toni didascalici o accademici.
L'unico rammarico è la durata, che avrebbe potuto essere un pochino superiore: non so dire se avrebbe guastato il risultato finale, ma sicuramente l'arco temporale e il numero di personaggi coinvolti avrebbero potuto occupare più del tempo concesso loro dai 95 minuti totali.
Bravissimi tutti gli attori, dal primo all'ultimo. A cominciare da Silvio Orlando, che non delude mai in alcun ruolo drammatico o comico che sia, e qui sa prestarsi in modo sublime a entrambi i registri narrativi. Gianni Ferreri, nei panni del padre, è anche lui sublime. Bravissimo il giovane Flavio Pistilli (Triglia), che ritroveremo ne Il posto dell'anima quasi irriconoscibile. Claudia Pandolfi non è al livello degli altri, ma si difende bene e non sfigura. Ottime anche le interpretazioni dei giovanissimi studenti del liceo romano.
Auguri professore fa ridere, piangere, emozionare e riflettere. Non saprei cos'altro chiedere a un film. In più regala alcuni paesaggi memorabili e diversi tormentoni (la sofferenza in Leopardi, Fiore, erbal fiume silente). Un capolavoro che somiglia al concerto suonato da un'orchestra affiatata, con strumenti perfettamente accordati e diretti da un maestro in stato di grazia.
Sicuramente una parte importante nella comprensione, ma anche nell'amore per quest'opera, deriva dall'appartenere a una delle (svariate) generazioni in essa narrate: da quella degli anni '50, a quella degli anni '70 e primi '80, passando ovviamente per quella dei '60. 40 anni d'Italia, vissuti attraverso gli studenti e i professori, dai paesini di montagna alla capitale. Un affresco che racconta come eravamo, come siamo stati, e come - ahimè - non siamo più.
25 anni dopo, non possiamo che guardare questi tempi con la consapevolezza che un mondo più vero, spontaneo, genuino e puro stava tramontando, e mentre sembrava l'alba di un mondo con più occasioni per tutti, ci stiamo ormai incamminando senza ritorno verso un sentiero fatto di distacco emotivo, regno dei diktat (pseudo)scientifici, tomba del pluralismo. Le voci dissenzienti sono sempre state viste sotto una cattiva luce e osteggiate dal potere, ma, almeno, prima c'erano professori come Lipari disposti a sacrificarsi per dare qualcosa di più ai propri studenti, e registi come Milani pronti a denunciare le storture del sistema. Oggi i "Lipari" di turno sono cretini, formatisi guardando Il grande fratello vip, che fanno imbavagliare i propri studenti con inutili mascherine che dovrebbero proteggerli dall'influenza e che non sanno nemmeno leggere le istruzioni (che lo dicono chiaro e tondo che non servono a niente), mentre Milani è finito a propagandare il monopattino elettrico, ultima trovata del regime della dittatura finto-ambientalista e finto-salutista.
Da vedere e rivedere, per ricordarsi come eravamo, come potremmo e dovremmo essere, e come siamo diventati. Se, poi, non interessa la riflessione sociale, resta comunque il pregio innegabile di un'opera in stato di grazia, come difficilmente ne potremo vedere in futuro, anche a causa della decadenza ineluttabile di attori, registi e società in generale.
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