Regia di Jerzy Stuhr vedi scheda film
Discreto epigono kieslowskiano, che riprende dal compianto Maestro alcuni spunti: il pedinamento impotente di vite segnate dal destino, la compresenza di realismo psicologico e dimensione metaforica, la riflessione sulla Fede e sulla Giustizia, le improvvise sferzate grottesche. Il film è talora fiacco nel ritmo ed opaco nel disegno dei personaggi: in pratica, si lascia guardare più che altro per le convincenti interpretazioni attoriali. L'elemento più significativo del film, ossia l'inserimento di due personaggi "meta-testuali" come il notaio (col pennino che si inceppa di continuo) e il suo empio assistente, richiama tipiche figure di "arbitri impotenti" che hanno composto il grande cinema di Kieslowski (esempio: il ragazzo-testimone, che assiste muto ai momenti di svolta di tutti gli episodi del Decalogo; il J.L. Trintignant spione e fatalista di Film Rosso); purtroppo però la loro integrazione narrativa e sostanziale con le quattro storie è gestita in maniera alquanto goffa, rendendo così pretestuoso e velleitario uno spunto di per sè interessante.
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