Regia di Roberto Benigni vedi scheda film
Dopo di questo film, Benigni ne ha diretto solo altri due: Pinocchio, che considero tranquillamente uno dei peggiori film italiani di sempre e che se fosse stato vivo Fellini lo avrebbe ucciso o più probabilmente con Fellini vivo non avrebbe avuto il coraggio di fare; poi la Tigre e la Neve un film tutto sommato più mediocre che sufficiente. Mi verrebbe da pensare che Benigni cominci a capire di essere sopratutto un animale televisivo, uno dei più grandi animali televisivi del nostro paese, come ci dimostra la sua ultima apparizione. Di conseguenza abbia scelto di limitare il suo cinema, visto che non recita più per altri registi, e lo aveva fatto anche qui con risultati decisamente migliori della media delle sue interpretazioni nei film da lui diretti. In altre parole i difetti del suo cinema qui vengono amplificati dall'ambizione del film, che vuole parlare di cose pesanti in maniera leggera. Quindi la presenza della moglie sempre più peso e limite di suoi film e mai valore aggiunto. La comicità di Benigni, al cinema almeno, diventa sempre più fisica da slapstick a scapito di quella verbale, politica e polemica, la prima parte, quella allegra è quasi da comica muta, dove l'unico guizzo verbale rimane la sequenza -spogliarello nella scuola, quando distrugge in parole e gesti le teorie razziste del fascismo. Le leggerezze storiche del film sono talmente evidenti e grossolane da essere appunto innocenti come i ricordi di un bambino. L'accusa di essere un film revisionista non regge per due motivi: il primo è la famosa connotazione politica del nostro; il secondo è che il vero limite del film è culturale prima che storico. Nel senso che Benigni non è Ebreo, lo è solo nel film, non ha familiarità con l'umorismo yiddish che permette agli ebrei di ridere e scherzare su tutto e tutti. Le sue fantasie sono infantili e leggere, non riescono ad essere serie, ciniche e concrete nel loro messaggio positivo che alla fine la vita è bella. Un film troppo ambizioso e grande per il toscano, dove secondo me doveva affidarsi alla consulenza di un Moni Ovadia, di un ebreo vero insomma, che gli avesse fatto capire che anche la poesia deve tener conto di Auschwitz.
il voto di sufficienza è la media tra una prima parte da 6,5 e una seconda parte da 5.
se non viene limitato da un regista sbanda ormai troppo.
ho sempre più l'impessione che il marito non faccia più film per non farla recitare.
poco emozionante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta