Regia di Roberto Benigni vedi scheda film
Roberto Benigni è ancora un comico geniale? Forse non più, oggi sembra essere a corto di idee, un po’ spento come gli ultimi due film PINOCCHIO e LA TIGRE E LA NEVE, ora divulga la Divina Commedia di Dante nelle piazze e nei teatri, anche se non è Gassman o Carmelo Bene nel declamare i versi, da un punto di vista culturale va bene comunque. Ma il comico dov’è finito? Probabilmente non tornerà più il Benigni che esplose a metà anni ’70, il comico sboccato, irriverente, iconoclasta di quegli anni (al cinema BERLINGUER TI VOGLIO BENE, in televisione TELEVACCA). Negli anni ’80 passò come molti suoi colleghi della sua generazione (Verdone, Troisi, Nichetti e Nuti) dietro la macchina da presa, JOHNNY STECCHINO è stato il suo titolo migliore, in parte anche IL MOSTRO, piccoli gioielli della sua comicità clownesca, rivisitazioni aggiornate alle sue corde delle vecchie commedie degli equivoci. Le sue incursioni televisive, dal Cioni Mario degli esordi fino ai giorni nostri sono tra le cose più divertenti mai viste sul piccolo schermo. E come non dimenticare le interpretazioni delicate e poetiche per Ferreri (CHIEDO ASILO) e per Fellini (LA VOCE DELLA LUNA). Ma è nel 1997 che l’estro del comico toscano viene riconosciuto all’estero con LA VITA E’BELLA. L’estroverso Guido, cameriere ebreo, sposa Dora sul finire degli anni ’30. Quando scoppia la guerra e le prime deportazioni, Guido e il figlioletto Giosuè insieme a Dora, partono per il campo di concentramento. Guido fa credere al figlio che è tutto un gioco e chi fa più punti vincerà un carro armato. Quella di Benigni è una favola che all’orrore della guerra e all’intolleranza razziale contrappone l’amore, il gioco e l’ironia. Per il resto non è un gran film come si è detto, Benigni è in gran forma ma non è Charlie Chaplin, Nicoletta Braschi è una modesta attrice totalmente inespressiva, i personaggi minori sono abbozzati, la regia è scolastica. Anche se poi va dato atto agli sceneggiatori Vincenzo Cerami e Benigni stesso di aver vinto la difficile scommessa di raccontare in chiave leggera e ludica la tragedia dell’Olocausto e dei campi di concentramento. TRAIN DE VIE ha centrato lo stesso bersaglio narrando un episodio diverso, ma con un piglio meno ruffiano. Gli americani però, gli hanno tributato un grande successo, premi Oscar (meritatissimo quello alle musiche di N.Piovani), ma confrontato con i veri capolavori del nostro glorioso passato è apparso francamente eccessivo.
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