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Colazione da Tiffany

Regia di Blake Edwards vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Colazione da Tiffany

di laulilla
8 stelle

Come passare serenamente una sera in cui non si può uscire, rivedendo un vecchio film che ha quasi 60 anni (ma non li dimostra)

Questo intramontabile film è tratto, molto liberamente, dal romanzo breve (poco più di una novella, per la verità) dello scrittore Truman Capote, da cui si discosta principalmente per il finale, che viene capovolto, coerentemente con l’impostazione del film.

 

La pellicola, infatti, ricalca per sommi capi la storia di Holly Golyghtly e del suo rapporto con l’aspirante scrittore Paul, ma, rispetto al romanzo, assegna a Holly, fin dall’inizio, un carattere meno radicalmente ribelle e anche meno ambiguo dal punto di vista della sua vita sessuale: d’altra parte nel 1961 difficilmente il pubblico del cinema avrebbe accettato una figura femminile molto difforme dalle convenzioni.

Ne è perciò scaturita una sofisticata commedia sentimentale che, pur mantenendo alcune asperità del romanzo, assume una propria originalità, anche grazie all’interpretazione eccelsa di Audrey Hepburn, alla suggestiva canzone (Moon River) composta su misura per la sua voce da Johnny Mercer e Henry Mancini e alla stupenda fotografia di New York, vero atto d’amore per quella bellissima città.

 

La storia è quella di due giovani, Holly Golyghtly (Audrey Hepburn) e Paul Varjak (George Peppard), che abitano nello stesso edificio su due piani diversi. Entrambi sono a New York alla ricerca della loro occasione: Holly vorrebbe uscire da un passato di povertà, di sottomissione e da un fallimento matrimoniale, grazie a un matrimonio “giusto”, che le assicuri, cioè, benessere e ricchezza, tenendola lontana dalle “paturnie”, le angosce di cui è spesso preda, quando ripensa alla sua vita.


Vorrebbe, dunque, sistemarsi bene, per sentirsi bene come da Tiffany, la gioielleria della V Avenue, dove, secondo lei, nulla di brutto può succedere.
Il fatto è che, per ora, deve accontentarsi di guardarne le vetrine, davanti alle quali, al mattino, fa colazione con una brioche e un bicchiere di latte, vestita ancora dell’abito da sera delle feste notturne cui ha partecipato alla ricerca dell’uomo da sposare.


Paul, invece, vorrebbe diventare scrittore, ma per ora ha scritto un solo libro di racconti: la sistemazione a New York potrebbe permettergli di conoscere gli editori giusti, ma per ora vive come un gigolò, mantenuto da una signora facoltosa, l’arredatrice che gli ha allestito l’alloggio.

 

 

 

 

 

I due giovani hanno i loro diversi sogni (americani) nel cassetto, ma a scombinare i loro piani sarà l’attrazione che a poco a poco li avvicina e che fra difficoltà e colpi di scena finirà per unirli, anche se la resistenza di Holly ad accettare di uscire da sé e dal suo spigoloso personaggio sarebbe stata dura da vincere.

 

Una commedia classica, perciò, con tanto di happy ending, ma non una commedia banale, resa incantevole dalla complessità del personaggio di lei, il cui comportamento oscilla, con molti sbalzi d’umore, fra gioia di vivere, disperazione, realismo cinico e slanci d’affetto vero, a cui il volto e la voce della Hebpurn conferiscono una verità indimenticabile.

 

 

 

 

 

 

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