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Mentre Parigi dorme

Regia di Marcel Carné vedi scheda film

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La recensione su Mentre Parigi dorme

di hupp2000
7 stelle

In una notte di febbraio del 1945, Jean Diego si reca dalla moglie del suo amico Raymond, per annunciarle la morte del marito. In realtà, quest’ultimo è ancora vivo. Un “clochard”, che sostiene di essere “il Destino”, annuncia a Jean che, nelle prossime ore, incontrerà “la più bella ragazza del mondo”…

Girato e ambientato nel 1945, quando Parigi è già stata liberata ma la guerra non è ancora finita, il film fu accolto con freddezza dalla critica che dal grande Marcel Carné si aspettava ben altro cinema dopo capolavori come “Le quai des brumes” e  “Hotel du Nord” del 1938, “Le jour se lève” del 1939 e il sopravvalutato ma pur sempre epocale “Les enfants du Paradis” del 1945. Effettivamente, l’insieme può apparire un po’ datato e la ricostruzione in studio della Parigi dell’epoca sa di posticcio. Si tratta tuttavia di debolezze compensate dalla sceneggiatura e dai dialoghi di Jacques Prévert, perdonabili per il realismo con cui sono descritte le condizioni di vita quotidiana all’indomani della tragedia bellica, nonché per la colonna sonora di Joseph Kosma, dominata dall’immortale canzone “Les feuilles mortes”, che funge da filo conduttore dell’intera pellicola, ora cantata, ora orchestrata, ora solo accennata e comunque onnipresente. I toni melodrammatici sono decisamente all’acqua di rose e i personaggi tagliati con l’accetta, fatta eccezione per la presenza quasi surreale di un “clochard” che sostiene di essere “il Destino”, una figura che non partecipa allo svolgersi degli eventi, ma ne preannuncia gli esiti. Anche se di contorno, è il personaggio più riuscito di un film interpretato con tanta buona volontà da Yves Montand e Serge Reggiani giovanissimi, direi addirittura acerbi. Il primo non si sente ancora un divo, recita con un’umiltà che gli verrà meno nel corso degli anni, quando diventerà il grande attore e cantante che abbiamo conosciuto. Per Serge Reggiani, questa è la prima partecipazione in un film importante, ma la sua prova è ancora distante dal grande talento di cui darà prova nel corso della sua lunga carriera, a partire dall’indimenticabile “Casque d’or” di Jacques Becker (1952). Riesce nondimeno ad interpretare con ammirevole pathos il ruolo del giovane ex-collaborazionista terrorizzato e sperduto di fronte agli eventi storici che lo condannano. Rende magnificamente l’angoscia della preda braccata, con uno sguardo che comunica il senso del totale smarrimento.  

 

Un’opera forse minore di Marcel Carné, un film in cui si avverte l’assenza di una figura cinematograficamente carismatica come fu Jean Gabin per questo regista, ma che merita di essere riscoperta, non fosse che come canto del cigno di un certo realismo poetico che caratterizzò negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso il cinema francese. 

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