Regia di Louis Malle vedi scheda film
Un film agghiacciante, come il personaggio del protagonista che ritrae. La storia viene raccontata sottotono e in modo minimalista, ma non per questo le malefatte di quel ragazzone cocco di mamma sono meno raccapriccianti. L'elemento di maggiore interesse è che Louis Malle non mostra un fanatico filo-nazista, che si dedica con convinzione al trionfo delle sue idee. Lacombe Lucien è la quint'essenza del qualunquismo, morale e ideologico, e il ritratto che ne fa il regista è spietato e tagliente. Capita per puro caso a lavorare nella polizia collaborazionista, appena dopo esser stato respinto dai partigiani. E' un modo per contare e per avere potere, e tanto basta, visto che sembrano i suoi unici “valori”. Non ha coscienza e non ha neppure cuore, il male è per lui sommamente indifferente, la sofferenza che provoca agli altri non lo tocca neppure. Direi anzi che è persino un po' sadico. Lo definirei pure gonzo e un po' tonto. L'unico gesto dove rivela un barlume – tuttavia molto ambiguo – di bontà e giustizia e l'episodio finale con la fidanzata. Rimane però il dubbio se lo fa perché le vuole bene o perché gli fa piacere portarsela a letto ogni tanto. Lei, tuttavia, mi sembra un personaggio un po' sfocato, che necessitava di una definizione migliore. All'inizio sembra starci solo per aiutare il padre, poi sembra che ne venga attratta come a volte le donne vengono attratte da uomini malvagi (perdonatemi, donne).
E' un film gelido e che, salvo qualche sfilacciatura nella seconda parte, tiene bene. Mi permetto ora un'osservazione personale. Il protagonista ricorda abbastanza – non da ultimo per l'aspetto fisico – lo sguattero traditore di “Arrivederci ragazzi”, opera autobiografica. La sensazione che se ne riceve è la stessa. Secondo me l'episodio traumatizzò così tanto il regista che questo film ne è in qualche modo un frutto. Deve aver cercato di immaginare e rappresentare come si potesse diventare aguzzino e traditore con somma indifferenza e grande qualunquismo.
L'episodio nella casa del medico partigiano mette letteralmente i brividi; non c'è un briciolo di violenza fisica, ma di violenza morale ve n'è una quantità spaventosa.
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