Regia di Maximiliano Hernando Bruno vedi scheda film
Un film decisamente molto attuale (lo dico in senso negativo) brutto e stonato.
Mostra di fatto (ma non in modo critico) la truce violenza dei nazionalismi e può piacere dunque solo a Salvini e a chi la pensa come lui (a giudicare dagli incassi dovrebbero essere pochissimi ma purtroppo non è così).
Il film è ambientato fra l’Istria e la Dalmazia nei giorni successivi all’armistizio dell’8 settembre del 1943 che gettò nel caos l’Italia intera e che lasciò gli abitanti di quelle zone a fare i conti da soli con i partigiani titini. Avrebbe dunque il merito di aver posto l’attenzione su uno degli avvenimenti più dolorosi e controversi (quello delle foibe) della nostra storia nazionale relativi alla seconda guerra mondiale e di voler sottolineare di conseguenza, l’importanza della memoria da preservare e non cancellare.
Fin qui nulla da eccepire dunque se la pellicola avesse avuto almeno un andamento dignitoso. Purtroppo però non è così e il film si pone solo un piccolissimo gradino più su del già disastroso “Porzus” di Martinelli che trattava più o meno lo stesso argomento. Maximiliano Hernando Bruno (qui alla sua prima regia) invece di imboccare (come avrebbe dovuto fare) la strada della ricostruzione storica rigorosa di quei fatti tragici, così come quella martoriatissima “terra di mezzo” richiedeva, partendo proprio dalla pregressa occupazione fascista, ha scelto invece di imboccare la strada della spettacolarizzazione estrema che trasforma il tutto in una specie di horror di seconda mano (vedi la truculenta rappresentazione dell’orribile sorte di Norma Cassetto e il pressappochismo qualunquista posto nella caratterizzazione dei partigiani croati. Sorte ancora peggiore toccherà alla rappresentazione del loro capo descritto dal regista come se fosse l’incarnazione del male assoluto.
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