Regia di Diederik Van Rooijen vedi scheda film
Un mix di tematiche del brivido che, con il Diavolo, qualcosa hanno da spartire. Certo, se quella carogna di Belzebù decide di manifestarsi in un cadavere, dentro un obitorio, la paura davvero fà 90. Come i minuti di terrore che, al pari delle spoglie, si susseguono in questo originale e macabro esemplare (pseudo)esorcistico.
Hannah Grace (Kirby Johnson), sotto esorcismo, uccide un prete. Il padre, disperato, non vede altra via d'uscita: soffoca la ragazza per impedirle di compiere un massacro. Tre mesi dopo, al Boston Metro Hospital, l'ex poliziotto Megan Reed (Shay Mitchell) inizia il suo nuovo lavoro occupandosi della morgue, in particolare è addetta all'accettazione dei cadaveri. Proprio quella prima notte, arriva il corpo martoriato di una giovane ragazza: la testa fracassata, tagli in profondità e parte del busto bruciato. I sistemi di rilevazione vanno in tilt, impedendo a Megan di effettuare fotografie o registrare le impronte digitali. Dopo che qualcuno, introdottosi di nascosto all'obitorio, intende bruciare il cadavere, Megan scopre che quel corpo è quello di Hannah Grace.
"Ha lottato contro la depressione, contro l'ansia. Il demone l'ha assediata, giorno dopo giorno. Finché ha spezzato la sua resistenza ed è entrato (...) non importa quanti esorcismi abbiano compiuto, è rimasto in lei." (Il padre di Hannah)
"So che ti sembrerà assurdo, ma ho sentito respirare un cadavere." (Megan Reed)
L'esorcista (1973) ovviamente sta all'inizio di tutto, sino ad arrivare al -relativamente recente- revival capitanato dall'indimenticabile The exorcism of Emily Rose (2005). Da lì, con costanza nel tempo, è stato tutto un fiorire di esorcismi, sino agli anni recenti, attuati (spesso in maniera inefficace) secondo procedura indicata dal testo De exorcismis et supplicationibus quibusdam (già Rituale Romano). Questa pratica cattolica, eccezionalmente perseguita dalla Sacra Romana Chiesa, è toccata, oltre alla sventurata Hannah Grace, pure a Molly Hartley ed Anna Ecklund. Di esorcismi belli tosti ce n'erano stati più d'uno in precedenza: ad esempio nella Blackwater Valley (2006) e nella casa del male. Ispirato da fatti reali, poi, anche in Crucifixion -titolo arrivato tardivamente nelle nostre sale- non mancano lunghe sequenze di scongiuri e sacre intercessioni. Altri sono stati più o meno dimenticati (giustamente) compresi un paio di brutti mockumentary, con pretesa di ultima "preghiera" e/o celestiale epilogo (The last exorcism 1 e 2).
Ecco dunque che, quando sulla scena arriva questo horror diretto da Diederik Van Rooijen, le aspettative sono a dir poco scarse. E invece, a dispetto di un incipit che promette l'ennesima copia del film di Friedkin, The possession of Hannah Grace (finezza non indifferente il titolo originale, che predilige il corretto termine) va' per tutt'altre (prest)azioni demoniache. Intanto lo sceneggiatore Brian Sieve non fa propria la pretesa di partire da "fatti realmente accaduti", slegandosi subito da una presunta narrazione verosimile -di fatto- forzatamente falsa negli altri casi.
Prendendo spunto da quel gioiellino ch'è Il guardiano di notte (per l'ambientazione e la scenografia con cadaveri e body-box di contenimento) e dal notevole Autopsy of Jane Doe (le illogiche reazioni sui/nei resti inanimati), l'ispirato autore sviluppa un soggetto che, soprattutto nel primo tempo, tiene incollati davanti allo schermo. Particolare non indifferente, il morboso accento, con inquadrature insistite, su parti del corpo (perversamente) sensuale di Hannah: pur se devastato da profonde incisioni, con mezza calotta cranica rimossa e vistose escoriazioni, il nudo fisico della sventurata posseduta (anche da morta, qui sta il tocco di genio) giace in perturbanti pose "erotiche".
La graziosa Kirby Johnson dona il suo fascino ferale (sia concesso l'ossimorico accostamento) non solo per la grazia delle forme e del viso, ma anche per le posture disarticolate che -di volta in volta- assume sotto l'effetto maligno del demone invasore. Chi ha presente il film di Derrickson, ovvero il già citato The exorcism of Emily Rose, non può non accostare la performance (quasi da body art) della giovane attrice che dona corposa sostanza al ka'davere di Hannah Grace a quella della precedente Emily Rose: anche là, infatti, l'ottima interprete Jennifer Carpenter sosteneva -in pieno- il valore del girato, offrendo una sofferta e agonistica prestazione, in gergo atletico "flexible".
Messo in chiaro che oggi, se si tratta di invadenti demoni possessori, diventa pressoché impossibile essere originali, The possession of Hannah Grace riesce dunque nel difficile compito di affascinare, inquietare e turbare. Il diavolo qui va oltre le barriere della morte e -ancora una sorpresa- lo si può combattere solo nel suo campo, con il fuoco. Consigliato, non per il sottogenere "esorcismi e possessioni" ma per la già citata componente necrofila, in grado di smuovere preoccupanti aspetti sulla concezione del fascino e del suo alter ego, la bellezza. Bellezza che, stranamente, nelle sue infinite declinazioni può andare a braccetto anche con il macabro.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta