Regia di Wim Wenders vedi scheda film
La paura del portiere prima del calcio di rigore, tratto dall'omonimo romanzo di Peter Handke (amico personale del regista), è come chiedere a Fassbinder di abbandonare per un attimo la sua tipica, cruda impostazione teatrale per realizzare un prodotto di cinema vero e proprio. Perchè contiene tutta l'etica (o anti-etica?) e la poetica del primo RWF, ma la mette in scena in maniera ben più cinematografica, attenta allo spettatore e non solo alla scena. Le soluzioni visive di Wenders sono ricche di fantasia e decisamente meno drastiche di quanto il collega sappia fare in quegli stessi anni (d'altronde Fassbinder considerava allora più importanti i contenuti della forma) ed una differenza importante fra i due autori del Nuovo cinema tedesco risiede qui. Perchè il mondo descritto da questo film, anch'esso dotato più di ispirazione che di budget economico, è crudele ed insensato, dominato da un male intrinseco che non può essere spiegato. Ma se il signor R. 'colto da follia improvvisa' uccide e poi si suicida (Fassbinder, 1970), questo Josef Bloch di Handke-Wenders pare non avere alcun tipo di rimorso di coscienza dopo il delitto e prosegue la propria esistenza imperterrito. Per quanto riguarda poi i concetti di solitudine, di incomunicabilità, di esistenza come viaggio senza meta, Wenders coglierà nel segno nel successivo Nel corso del tempo (1975). 6/10.
Durante una partita di calcio un portiere si fa espellere senza ragione; si ritira in un alberghetto di città, conosce una ragazza e, dopo aver passato la notte con lei, la uccide e se ne riparte da solo.
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