Regia di Víctor García vedi scheda film
Il nono Hellraiser è quello della serie che più ha subito critiche massacranti. Talvolta però, riflettendo a mente fredda e quindi dopo anni, forse i giudizi più estremi sono stati un po' troppo frettolosi. Rimane un film prodotto in fretta e furia con pochi mezzi e per fini commerciali ma presenta un apprezzabile tentativo di tornare alle origini.
Steven (Nick Eversman) e Nico (Jay Gillespie) sono in vacanza a Tijuana, in Messico. Casualmente entrano in possesso del box di LeMarchand, poi spariscono misteriosamente. Vengono però recuperate delle riprese fatte dai ragazzi e consegnate ai familiari. Tempo dopo Emma (Tracey Fairaway), la sorella di Steven e fidanzata di Nico, rinviene un contenitore con gli oggetti personali del fratello. Al suo interno è presente l'enigmatico cubo.
La Dimension films continua nella sua opera di sfruttamento dell'Universo di Hellraiser incaricando ai testi Gary J. Tunnicliffe (in seguito regista per il decimo capitolo, Judgment) e alla direzione Víctor García, cineasta ispanico prestato alle major amercane per mediocri seguiti destinati all'home video (in precedenza all'opera in Return to house on haunted hill e Mirrors 2).
Questo nono capitolo sui Cenobiti è stato prontamente rinnegato sia da Clive Barker che da Doug Bradley. Quest'ultimo, per la prima volta, rifiuta di interpretare Pinhead, ruolo che viene invece assegnato al poco convincente Stephan Smith Collins.
Considerato che siamo di fronte ad una speculativa (e assai povera) manovra intrapresa dalla produzione, con scarsi effetti speciali limitati al finale, è però da sottolineare come la sceneggiatura in questo caso torni per la prima volta, dopo il terzo film della serie (Hell on Earth) a concentrarsi sulla mitologia di Barker, inserendo addirittura chiari rimandi ai primi due titoli, con il "condannato" alla ricerca di vittime mentre, gradualmente, il suo nervoso e scheletrico corpo -privo di epidermide- riacquista consistenza carnale. Appare dunque paradossale la presa di posizione assunta (troppo) criticamente da Barker e Bradley, fin qui sponsor di seguiti ben più infedeli e forse (per quanto possibile) meno riusciti.
In questo nono capitolo (di cui certo nessuno sentiva la mancanza) ci sono comunque interessanti elementi di ritorno alle origini. Inoltre la discreta capacità in regia di Víctor García, assieme alla durata contenuta in 75 minuti, rende il tutto quantomeno scorrevole.
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