Regia di Andrea Dalfino vedi scheda film
Bel cortometraggio, poetico, delicato e dalla trama lineare, dedicato al cane Angelo, che nel 2016 ha trovato la sua tragica fine per mano della peggio umanità. Una bella prova di "neorealismo canino" questo film, spero si diffonda
Dopo l'indignazione che ha suscitato in tutta Italia la vicenda di Angelo, il tam tam mediatico e la condanna degli assassini, Andrea Dalfino ha girato un film per non dimenticare quest'evento sciagurato e per sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica sul randagismo.
Un corto ben riuscito e delicato, una trama semplice. Insieme alla telecamera seguiamo Angelo nei suoi percorsi in paese e in campagna, gli incontri con le persone e con altri cani. Angelo è un cane mite, un bel randagione bianco che vive la sua vita senza mai legarsi a nessuno, che si avvicina fiducioso ma mai insistente, che ha impostato la sua routine tra qualche coccola, qualche bidone da frugare, corse nei prati e incontri giocosi occasionali con altri cani. La sera si addormenta su un giaciglio di paglia fortuito, e il giorno dopo ancora, la sua vita trascorre nella libertà, nell'indipendenza ma anche nella solitudine. E proprio a causa della solitudine e della sua mitezza, il rischio di incontrare malintenzionati si traduce nel tragico destino che l'ha portato alla sua fine. Se avesse avuto un padrone che si prendeva cura di lui, o se anche avesse avuto un altro cane compagno fisso, o se fosse stato un cane temibile e difficilmente avvicinabile, quei quattro ragazzi forse non avrebbero potuto decidere così facilmente della sua sorte, esercitando il loro sadismo su una creatura indifesa per puro divertimento. La parte finale è segnata dall'incontro con gli aguzzini, il supplizio è raccontato in maniera velata, senza vouyerismi. Tutto filtrato attraverso gli occhi di Angelo, le immagini sfocate dei quattro torturatori si alternano ai ricordi più delicati degli ultimi due giorni: l'incontro con la dolce signora, il musetto di Willy con cui aveva giocato, le foglie colorate che aveva rincorso. Il cuore che batte sempre più fievole e poi il buio.
Nell'ultima scena il regista ci regala l'immagine di Angelo che corre per la campagna, i prati e le colline, questa volta una nuova vita, per sempre libero e felice.
Nei titoli di coda oltre al cast, la colonna sonora e i ringraziamenti a tutti quelli che hanno collaborato alla realizzazione di questo film, appaiono anche i nomi di educatori SIUA responsabili del benessere animale durante le riprese. Lapo, il cane che ha interpretato Angelo, proveniente da un canile di Altamura, non è stato addestrato alla recitazione, cosa che ha reso ancor meglio tutta la naturalezza delle scene di questo film.
Mi è piaciuto molto, mi ha commosso e coinvolta profondamente, forse anche perché il mio cane, anch'esso un ex randagione di Sharm El Sheik, ricorda un po' Angelo. Reperibile solo in streaming, spero si diffonda questo bel cortometraggio.
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