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Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri

Regia di Roberto Andò vedi scheda film

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La recensione su Conversazione su Tiresia. Di e con Andrea Camilleri

di gaiart
7 stelle

Teatro greco di Siracusa. 4000 spettatori. Un uomo lento, appoggiato con entrambe le braccia sulle spalle di una giovane donna entra, accompagnato anche da un bambino e si accomoda lentissimo su una poltrona. Già solo questa prima scena iniziale è commovente.

"Da quando non vedo più, vedo meglio"

 

"Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, ho sentito l'urgenza di capire cosa sia l'eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne".

 

Teatro greco di Siracusa. 4000 spettatori. Un uomo lento,  appoggiato con entrambe le braccia sulle spalle di una giovane donna entra, accompagnato anche da un bambino e si accomoda lentissimo su una poltrona.

 

Già solo questa prima scena iniziale è commovente. Il peso della cultura immensa che appartiene a questo uomo, il giovane 93enne Andrea Camilleri, un ponte sul mediterraneo tra la cultura millenaria che pervade Grecia e Sicilia che egli impersona, si palesa in scena, cieco.

 

Chiamatemi Tiresia, non solo è un monito, ma anche il titolo dello spettacolo scritto da Camilleri, prodotto da Palomar, con la regia di Roberto Andò al cinema solo il 5 6 7 novembre 2018.

 

Appassionati di mitologia, letteratura, racconti epici e magiche traduzioni, questo fa per voi. Camilleri si trasforma in Tiresia che fu uomo, ma anche donna e dialoga in sua vece con i Genesis, Omero, Sofocle, Seneca, Dante, T.S Eliot, Apollinaire, Virginia Woolf, Borges, Pound, Pavese, Primo Levi, Woody Allen, Pasolini con l'Edipo Re, e tutti quelli che lo hanno amato, citato, riprodotto. Difendendo le proprie memorie, la propria storia, la propria ambivalente identità.

 

Oltre al gigante di cultura occidentale, Camilleri è uomo tenero e accogliente, anche leggero oltre che abissale e, con la sua potenza intellettuale, la sua voce inconfondibile, la sua non visione retinica, ma il canale del terzo occhio, trasferisce il vero, il bello, il verosimile con nettezza inalienabile.

 

Egli porta in scena la metafora della cecità di Tiresia, equiparabile alla cecità dell'uomo contemporaneo, così assassinato da odio, guerre, dolore che non sa più vedere oltre il proprio naso.

 

 

 

 

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