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Ritratto della giovane in fiamme

Regia di Cèline Sciamma vedi scheda film

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La recensione su Ritratto della giovane in fiamme

di chinaski
6 stelle

La ricerca degli sguardi e degli incanti, delle loro traiettorie che creano le direzioni da seguire per innamorarsi, forse per la prima volta nella vita. E’ un universo tutto femminile quello rinchiuso in un’isola ancora selvaggia vicina alle coste della Bretagna, circondata da un mare inquieto e scintillante, in una dimensione temporale altra (il finire del ‘700) e lontana da noi. Di antichi legami fra donne ci parla Céline Sciamma nel suo ultimo film, della saggezza delle anziane e delle loro conoscenze botaniche e mediche (pozioni per volare, quelle per abortire), delle emozioni e dei desideri talvolta ancora inesplorati provati dalle più giovani.

E’ negli occhi di Marianne, una pittrice, come in quelli di Heloise, che da poco ha lasciato il convento e che dalla prima deve essere ritratta di nascosto, il centro visuale dell’intera pellicola. Nel loro osservarsi e (ri)conoscersi, nel loro specchiarsi e infine abbandonarsi l’una nelle braccia dell’altra. Questo lento disvelarsi è tenuto costantemente protetto dalla controllata recitazione delle attrici (Noémie Merlant, Adéle Haenel) e dalla precisione quasi didascalica dei dialoghi. Colori, costumi,  arredi e interni sembrano apparire come codici interpretativi di una forma filmica di cui la regista vuole sempre essere in pieno possesso. In questa riflessione poetica sull’amore (la rilettura di Orfeo ed Euridice) e sull’utopia di una relazione in perfetto equilibrio delle parti sembra essere Céline Sciamma ad assumere un ruolo dominante nel non lasciare spazio all’imprevisto, a quello che potrebbe succedere ai margini di una sceneggiatura così perfettamente pensata e scritta (e premiata all’ultimo festival di Cannes). E’ dunque in questa apparente assenza di sbavature il limite stesso della pellicola, in una voluta ed ostentata ricerca estetica  che si trasforma in una contemplazione registica talmente costruita e compiaciuta da dimenticare tutte quelle impercettibili sfumature che rendono una storia sincera al nostro cuore. Perché nonostante i giusti tempi del racconto e l’ineluttabile precisione delle linee recitate qualcosa si perde in questa messinscena di una passione che non ha nulla di sensuale nei corpi delle attrici quanto nella loro interpretazione. La nudità non diventa mai erotismo e il richiamo della pelle si infrange nella negazione dello spogliarsi delle loro anime davanti agli spettatori. L’unico momento di permeabile vicinanza alle protagoniste (oltre a quelli di improvvisa esaltazione musicale) è quando le due ragazze e la loro domestica giocano a carte, in questo breve momento ludico, in cui tutti i codici di comportamento vengono rimescolati, appaiono bagliori di autentici gesti ed espressioni.

Come accade con il lavoro pittorico di Marianne vorremmo pensare che anche in Ritratto della giovane in fiamme non sia nella compiutezza finale dell’opera il suo valore ma in tutti i tentativi falliti che ci sono voluti per realizzarla. Succede anche nell’amore, dove non è nella durata di un rapporto la sua essenza ma in ogni sguardo che abbiamo saputo poter essere l’ultimo. 

 

 

 

 

 

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