Regia di Rocky Soraya vedi scheda film
Horror non originale. Discreto però nelle atmosfere e nella tensione narrativa, che comunque si percepisce
La giovane Alia lascia Bangkok per fare ritorno nella natia Giacarta,in seguito alla scomparsa dei genitori, morti in un tragico incidente d'auto. Qui la ragazza insieme al fidanzato Devin,deve occuparsi della sorella minore Abel, rimasta sola ed è costretta a tornare nella casa in cui è cresciuta e dove Abel anni addietro aveva avvertito presenza di entità malefiche.
Poco dopo il trasloco, Abel ricomincia a soffrire nuovamente di inquietanti allucinazioni notturne La piccola sostiene di riuscire a vedere le persone morte grazie, al cosiddetto terzo occhio che molto tempo prima le era stato “acceso”, ovvero una porta sensoriale che la fa accedere sul mondo soprannaturale,in pratica vede i fantasmi dei morti, che gravitano minacciosamente attorno a lei .Per convincere la scettica Alia Abel, le chiede di incontrare la sensitiva Windu, che spiega loro che Abel fin da piccola, possiede questa dote o maledizione che dir si voglia, che le permette di comunicare con l’al di là. Alia si sottopone al rituale e scopre a sue spese che Abel aveva ragione .Alia vive analoghe esperienze. Tra le stesse mura della loro dimora,vi è una famiglia di spiriti dall'indole violenta, che non intende lasciarle in pace. Si scoprirà poi che sono state vittime di un assassino, che li aveva derubati e poi uccisi con efferata crudeltà. Il terzo occhio del titolo , noto anche come l'occhio interiore, è quello che, secondo la tradizione esoterica di svariate culture, permetterebbe di percepire realtà invisibili solitamente nascoste ai nostri sensi. Lo sviluppo della storia marcia su questa credenza, tra leggenda e folclore, il terzo occhio come sorta di trascendente capacità di entrare in contatto con le entità e i fenomeni paranormali che ci circondano. Su questa base la regista, Rocky Soraya,costruisce un horror che sfrutta tutti i topoi del genere e forse l’aspetto più interessante è proprio questo rimando, non so quanto volontario ai capisaldi dell’ horror. Da “Il sesto senso” a tutte le centinaia di case infestate, di cui l’universo di “ The Conjuring” è solo l’ultimo tassello, passando per l’immancabile possessione in stile “L'esorcista “ Il film, sottotitolato con didascalie italiane e girato in lingua indonesiana, cita e omaggia i classici del genere, guardando anche ad altri cult più o meno recenti, come il "The eye" dei fratelli Pang, e proprio nella sua essenza derivativa, paga dazio in termini di sorprese narrative, c’è di fatto la solita storia di anime dannate, ormai trita e ritrita, tra maledizioni e spiriti vendicativi.la cui morte improvvisa scatena un'irrefrenabile, quanto spesso ingiustificata furia contro i viventi, che negli ultimi anni ha affollato fino a saturare la cinematografia del genere. Anche lo stesso legame tra le due sorelle è poco spontaneo e il colpo di scena finale sull'identità di uno dei personaggi principali, è disegnato in maniera posticcia. Al netto di questi difetti, l'atmosfera da “tunnel degli orrori del luna-park” , riesce comunque a produrre una discreta dose di suspense, grazie ad una discreta impronta registica che, tra soggettive in prima persona, improvvisi movimenti di camera e una convincente gestione degli ambienti, recupera terreno dal punto di vista estetico, offrendo così qualche spunto d'interesse soprattutto a un pubblico, poco avvezzo all'orrore orientale, che potrebbe sobbalzare di tanto in tanto. Non se ne abbia a male l’amico Fabio, che aveva tracciato di questo film, un profilo diverso e molto più positivo.
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