Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
VENEZIA 76 - FUORI CONCORSO ".. le smagliature della vita sono tante.." cantava la romana Mannoia nei primi anni '80. In quella stessa capitale, nel bel mezzo delle incertezze economiche, morali, sentimentali del grigio vivere presente, seguiamo la quotidianità menzognera tutta rattoppi e pezze della sconquassata famiglia Attorre. Precisamente la seconda famiglia dell'Attorre capofamiglia, giornalista freelance un po' allo sbando e alla continua ricerca di fatti da edulcorare per svendere e tentare di sbarcare il lunario con la sua seconda famiglia, anche lei sul baratro di un burrone: mutuo casa in arretrato, figlia bambina seriamente afflitta da una forma complessa di asma, la moglie ballerina mancata che provvedere alla fragile economia di casa insegnando danza "a culone che vogliono dimagrire".
L'arrivo dall'Irlanda di una bella e sensibile ragazza alla pari motivata da più o meno saldi principi religioso- cattolici, non farà che complicare le cose, almeno all'inizio, almeno in apparenza. La famiglia, quel che ne resta, gli strascichi di ciò che si porta dietro, viste anche dallo sguardo del solitario vicino che, al contrario di chi ne è succube, una famiglia la vorrebbe a tutti i costi ricoprendone un ruolo qualsiasi e pure marginale. Scritto dalla Archibugi con Carlo Virzí, Vivere difetta soprattutto di luoghi comuni ormai indigeribili, almeno al cinema, che rendono il prodottino melodrammatico e melenso come una succursale o variante meno prolissa e prolungata del famigerato "Medico in famiglia".
Dove irrita l'inverosimiglianza di ambientazioni plastificate (pure il pesco in fiore finto in giardino la dice lunga ed è degno della plastica confettosa di Desperate Housewives), così come e non meno le solite pubblicità occulte di automobili sempre nuove di zecca e pulite fatte guidare a personaggi senza soldi che non hanno quasi gli occhi per piangere (sarà in questo caso anche solo di una utilitaria, ma sfoggiare l'ultimo modello è di una puerilita' inaccettabile verso cui cadono molte produzioni nostrane in cerca di sponsor).
E se la Ramazzotti rifà il suo solito personaggio popolare dolente, ignorante, tutto cuore e delusione, il vero problema del film dal nutrito cast in cui rifà capolino pure un Enrico Montesano assai in forma, sta nella patina di fondo che edulcora tutto rendendo la storia una favoletta strappalacrime ma senza tempo, improponibile se si vuol darci, come appare, uno spaccato serio e puntuale della ben meno edulcorata e romanzata quotidianità dei nostri giorni.
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