Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
Dignitosa opera di una Archibugi magari lontana da fasti degli esordi, ma che pare ritrovar il suo piglio particolare nel cogliere le debolezze e fragilità umane Di sicuro ben lontano dal timbro da fiction di certi film: Sarà forse l’ottima resa del cast a discapito di una sceneggiatura non impeccabile, magari un po’ forzata, ma dignitosa voto 6,5
Vivere,
A me non è affatto spiaciuto, anzi... e poi la Archibugi, più o meno mi ha sempre convinto, andata a genio. Non sarà “il grande cocomero” questo, ma si lascia guardare e ti fa immedesimare.
Figuratevi che mi è piaciuto persino Adriano Giannini che qui fa dimenticare la sua sciagurata complicità in quel tremendo “Travolti dal destino”, di cui discusso nelle mie prime... con ruolo qui, sentimentalmente combattuto e controverso, ben giocato, e con un finale etico e di fiera redenzione morale: il suo personaggio è un giornalista free-lance, Luca, in cerca del posto fisso presso una qualunque testata giornalistica più o meno decente, per cui, in cambio di questo, gli viene chiesto di raccontare la parabola politica – e finanziaria – dell’influente e discusso suocero.
Ancora ottima Michela Ramazzotti, la Hillary Swank de “noialtri”, la compagna del giornalista di cui sopra, nonché madre della loro adorabile bimba malata d’asma cronica. Così intensa nella sua genuina sensualità greve e carnale... eppur commovente; peccato non si capisca poi molto di quanto dica, forse anche colpa della presa diretta del suono.
Interpreta una donna al limite del crollo nervoso e mentale, intrappolata com’è in una vita soffocata, quanto soffocante, scandita dalle liti col pur paziente compagno, per questioni economiche, intime, ma pure di salute della piccola figlia, e di cui la madre invadente le rimprovera d’averlo scelto.
Tutta la trama, o quasi, ruota intorno all’arrivo di una ragazza irlandese “alla pari”, studentessa in storia dell’arte, in questa famiglia: Mary-Ann risulterà un appiglio per tutti e tre: per qualcuno saldo, per altri caldo, intimamente caldo... come la paventata fuga, ne decreterà quasi il crollo.
La ragazza, caricata di responsabilità ed interazioni sentimentali pesantissime, tenterà una fuga da questa annosa situazione, ma la sua profonda coscienza fortemente “cattolica”, nonché il forte legame instaurato con tutti loro, la farà tornare sui suoi passi, rimandando la sua partenza finché non verrà ristabilito un equilibrio.
Sorpreso di ritrovare qui un Enrico Montesano mai visto prima: eccezionalmente in un ruolo drammatico; potente e protervo padre di famiglia – allargata – è l’austero padre della prima moglie e madre – una rediviva Valentina Cervi – del primogenito di Luca, di cui ha una pessima stima.
E che nasconde, il suocero, più d’uno scheletro nell’armadio, di genere... quelli “di genere” di cui oggi si parla tanto... (scena magari stucchevole, ma pure toccante quella della sua morbosa rivelazione)
Ed un Massimo Ghini davvero sorprendente, che ritrova il tono ieratico d’un tempo, smarrito ormai nei cinepanettone di "vanziniana" memoria. A mio parere, il tratteggio meglio riuscito del film – lo pneumologo che prende in cura la figlioletta – peccato sparisca sul finire senza che la sceneggiatura se ne curi troppo... o forse, ci sarò rimasto male io, ma il suo personaggio è di gran lunga quello che mi ha commosso di più: due anime sole che si trovano, ma una delle due non era poi così sola; ha dei doveri, purtroppo sempre prima verso gli altri che verso se stessa.
E poi la bimba: eccezionale quanto adorabile.
Un po’ troppo ricalcato – ma significativo – il ruolo dell’indiscreto vicino quale, alla fine, si smaschera e condona così i vicini, gli invidiati vicini, solo “intenti a vivere”.
Tutta la trama, o quasi, ruota intorno all’arrivo di una ragazza irlandese “alla pari”, studentessa in storia dell’arte, in questa famiglia – forse il ruolo meno convincente quanto alla resa interpretativa. Fa però riflettere il suo monologo sulle due chiese “gemelle” del Bernini e l’illusione che producono ad un occhio poco attento; metafora sui sentimenti e le relazioni umane.
Dignitosa opera di una Archibugi magari lontana da fasti degli esordi, ma che pare ritrovar qui il suo piglio particolare nel cogliere le debolezze, le fragilità umane.
Di sicuro siamo ben lontani dal timbro della fiction quali certi film nostrani ahimè presentano. Sarà forse l’ottima resa del cast se non un impeccabile sceneggiatura, magari un po’ forzata, ma pur sempre plausibile e dignitosa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta