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Immagini di un convento

Regia di Joe D'Amato vedi scheda film

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La recensione su Immagini di un convento

di giurista81
4 stelle

 

Un Joe D'Amato ormai prossimo a immergersi nel pornografico si diletta a contaminare i generi, introducendo massicce sequenze softcore o hardcore a seconda della destinazione sul mercato. Nell'occasione miscela il genere a luci rosse col tonaca movie e un pizzico di horror esorcistico. I rimandi a Diderot sono pretestuosi e la sceneggiatura, dello stesso Massaccesi (che si firma Tom Salima per suggerire la presenza di più persone coinvolte), minimalista. Per la verità Massaccesi offre un accenno ai temi cari al filone esorcistico e suggerisce una visione diabolica meno crudele della convenzionale. Il diavolo è semplicemente la liberazione della natura animale dell'uomo non più costretta da restrizioni di ordine morale. Non a caso si sovrappone Satana all'immagine del satiro. Attraverso il maschio che si aggira per il convento, si suggerisce che è satanico fare e prendere tutto ciò che si vuole, in ossequio, Aleister Crowley insegna, alla visione luciferina degli adoratori di Satana che non devono essere confusi con il cosiddetto satanismo acido. Il richiamo però al satanico cinematografico non poteva mancare e D'Amato mette dei cenni legati all'horror tradizionale. Sono tuttavia brevi spunti, purtroppo lasciati al margine della vicenda. Il “nostro” vuole soddisfare il pubblico a caccia di passioni represse e tanto basta, per cui il lavoro in scrittura non viene sviluppato a dovere.

D'Amato, o se preferite Massaccesi, fa tutto per conto proprio. Scrive, dirige, cura la fotografia (belli i riflessi azzurri dalle finestre o dai rosoni) e assiste il fido Oscar Santaniello alla produzione. Il controllo del regista romano è, come al solito, totale e permette alla pellicola di restare ancorata ai margini della sufficienza grazie ad alcune trovate registiche e agli inserti horror che ravvivano una storia altrimenti fiacca. Massaccesi, anche da un punto di vista visivo, gioca sull'aspetto diabolico della situazione e suggerisce, attraverso alcune sovrapposizioni di immagini tra il Cristo e la statua del satiro e tra questa e il semisconosciuto Angelo Arquilla (lo ritroveremo in Le Porno Killers di Roberto Mauri), l'azione diretta di Satana nel corrompere l'integrità spirituale delle monache che, ovviamente, finiranno per cedere ai richiami della carne perché questa è la indole della donna. Tutto ha inizio con l'arrivo in convento di una contessa (la super sexy Paola Senatore, per la verità neppur tanto sfruttata), figlia di un caro amico di un cardinale milanese che la vuole sottrarre dall'azione di uno zio lussurioso. Alla donna fa presto seguito un vagabondo, sedicente artista, allupato cronico, che si materializza, d'improvviso, nel cortile del convento. Ecco che il luogo di clausura (che poi tanto di clausura non è, visto che la madre superiora è disposta a ospitare persino sconosciuti), complici i modi fin da subito irrispettosi e provocanti della Senatore, si trasforma in un bordello funzionale a inserire lunghe sequenze erotiche non solo tra donne (ci da dentro anche il maschietto ospite).

Interessante la parte finale in cui entra in scena Donald O'Brien (volto noto del cinema bis per le sue tante apparizioni dal western all'horror) nei panni di esorcista integerrimo. L'uomo, dopo aver redarguito la madre superiora (la super licenziosa Aiché Nana, attrice di origini turche con alle spalle una condanna a due anni di carcere con condizionale per spettacolo osceno), prende a benedire l'intero convento, non prima di aver lanciato il suo guanto di sfida al cospetto della statua di un satiro che viene identificato dalla monache come il “dio senza nome” e che lui, senza tanti preamboli, chiama Satana. Non domandatevi cosa ci faccia nel giardino di un convento una statua di un satiro. D'Amato prova a giustificarne la presenza, facendo dire a una suora che il convento è stato eretto sui resti di un tempio pagano. In ogni caso, Satana c'è davvero e lo si capisce quando la statua del satiro, alla provocazione di O'Brien, prende a vomitare sangue dalla bocca. A nulla serviranno le preghiere del prete. Vincerà il male, poiché, oltre agli atti sessuali, all'interno del luogo che dovrebbe esser sacro si consumerà anche un omicidio culminante con l'assalto erotico di tutte le suore pronte a spogliare l'esorcista per risvegliargli istinti sopiti. Grottesca e memorabile la sequenza in cui O'Brien benedice le stanze, avanzando verso la macchina da presa con alle spalle un lungo corridoio su cui marcia uno stuolo di suore, alcune delle quale nude, intente a toccarsi nelle zone sensibili e pronte a contendersi l'esorcista. Blasfemissimo.

Il budget è ridotto all'osso ma funzionale alla causa. D'Amato gira quasi tutto al chiuso (scelta che velocizza di gran lunga la lavorazione), ammiccando a un'ambientazione che dovrebbe essere del XVII secolo all'interno di un convento. Camere spoglie, una piccola chiesetta, lunghi corridoi, rampe di scale, chiostro di un convento e una sequenza in esterno in un bosco invernale sono i luoghi in cui si completa la lavorazione. Questo è tutto. Molte le attrici, non poi così irresistibili. Oltre alla Senatore e alla Aichè Nana, si riconosce Marina Frajese, che poi passerà al porno. Ripetitiva e non eccelsa la colonna sonora di Nico Fidenco, probabilmente di riciclo.

Non è uno dei migliori film di D'Amato, ma neppure uno dei peggiori. Per cultori del c-movie, soprattutto per la parte finale virata all'horror.

 

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