Regia di Cesare Zavattini vedi scheda film
Un anziano malato di mente fugge dal manicomio e comincia a predicare in giro per la città. Nessuno vuole davvero prestargli ascolto, così l'uomo decide di andare a colloquio con il Papa.
E' così difficile volersi bene l'un l'altro, non combattersi, rispettarsi, non prendersi in giro, essere altruisti, generosi, dire la verità (con quante più A finali possibile)? Questa la tesi di partenza per l'esordio in lungometraggio dietro la macchina da presa da parte di Cesare Zavattini, a 80 anni tondi; nel 1953 aveva già girato un episodio del film L'amore in città (in ottima compagnia, peraltro: Lizzani, Fellini, Risi, Antonioni, Maselli e Lattuada), ma la sua esperienza come regista si era fermata lì, preferendo rimanere 'dietro le quinte' a scrivere fior di soggetti e sceneggiature. Fino al 1982, quando esce La veritàààà, settanta minuti scarsi, impostazione teatrale, produzione Rai, ma soprattutto - la cosa che colpisce maggiormente in assoluto - un ruolo di protagonista per Zavattini stesso. Che se la cava egregiamente, dimostrando nel complesso che effettivamente la lunga militanza a fianco dei massimi registi e attori del Belpaese era servita a qualcosa anche per lui. Il tono stralunato della storia è zavattiniano al mille per mille; il Nostro recita anche la parte di Garibaldi e, nel finale, compare sullo schermo nei panni di sè stesso per 'tirare le fila' dell'intero racconto. Fra gli altri interpreti si segnalano Vittorio Amandola, Pietro Barreca e Ugo Fangareggi. Prodotto naif, bizzarro, esteticamente poco rifinito, ma colmo di idee. 5,5/10.
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