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Black Mexicans

Regia di Jorge Pérez Solano vedi scheda film

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La recensione su Black Mexicans

di alan smithee
7 stelle

locandina

Black Mexicans (2018): locandina

13° FESTA DEL CINEMA DI ROMA - SELEZIONE UFFICIALE 
Nella comunità messicana di ceppo nero - una minoranza che rappresenta poco più dell'1% della popolazione ed è concentrata nella regione di Oaxaca, presso la Costa meridionale del grande stato americano - una antica usanza tramsndata dal popolo come legge, prevede che un uomo possa avere legalmente anche più di una donna, e dunque più di una famiglia da mantenere.
Neri, uomo non più giovane, ma indolente ed irresponsabile da una vita, divide il suo ozioso tempo libero tra due donne e due famiglie: una parrucchiera con prole, nonche' donna malata gravemente di cancro, mentre l'altra è la titolare di un piccola locanda sul mare, pure lei con al seguito una prole di età differenti.

scena

Black Mexicans (2018): scena

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Black Mexicans (2018): scena

Le due donne, pur comprensive e rispettose tra di loro, si trovano da sempre in una posizione di imbarazzo e confronto, da amiche-nemiche, che crea situazioni frustranti, aggiunte al fatto che tocca sempre a loro due donne, lavorare e sobbarcarsi le responsabilità delle rispettive famiglie.
La malattia dell'una avvicinerà le due rivali, e la rispettiva prole, mentre l'indolenza dell'uomo-maschio continuerà a caratterizzare il suo vagabondare costante reiterato, senza poter essere di grande aiuto a nessuna delle due famiglie.
Tra scorci da favola di una costa mozzafiato che non fa nulla per apparire più incantevole di quanto non sia di per sé,  e uno scandire di giornate che passano tra affanni, cure inutili e rispetto di tradizioni e superstizioni locali, il film è suddiviso in sette frammenti giornalieri di una ipotetica settimana simbolo che si consuma in realtà nel giro di un paio di mesi: quelli necessari per portarsi via la povera malata terminale.

scena

Black Mexicans (2018): scena

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Black Mexicans (2018): scena

E le voci della tradizione, per bocca di uno spavaldo uomo anziano e di una moltitudine di donne attempate - sue ipotetiche consorti - scandiscono i ritmi di vita morbidi ed attutiti di una società che si rifugia nelle tradizioni ormai consolidate, per restare ancorati ad un ritmo di vita dai ritmi blandi, e dalla capacità di cogliere ogni occasione per godere della benevolenza di un clima quasi sempre privilegiato e mite, in grado di offrire già di suo una certa autonomia di sostentamento.
Giunto al suo terzo lungometraggio di fiction, il regista Jorge Pérez Solano, dopo Espiral (2009) e La Tirisia (2014), si conferma un cineasta di talento, sensibile, abile nel valorizzare e cogliere appieno i lati suggestivi di posti incontaminati e strategicamente perfetti di uno stato assai eterogrneo.

Un uomo di cinema particolarmente concentrato sulla dinamica sociale attorno ad uno strato di popolazione spesso ai limiti dell'indigenza, ma certo sereno della propria condizione economico-geografica, cicloni permettendo.

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