Regia di Pablo Gonzaléz vedi scheda film
C’è da fare una piccola premessa, quando ti accomodi in sala, avendo la consapevolezza che quello che stai per vedere è l’ultimo film della Festa del cinema di Roma, di cui potrai godere quest’anno, credo che la clemenza con la quale si finisce per approcciarsi alla visione, potrebbe, almeno in parte, condizionarne il giudizio finale. Considerando però la stanchezza che ci si porta dietro dopo giorni di proiezioni e la responsabilità che mi contraddistingue, ho poi concluso che l’elemento di cui sopra, non avrebbe inciso in nessun modo.
La pellicola di Pablo Gonzales è una vera e propria chicca. Possiede diversi elementi che consentiranno, anche a Festa finita, di ricordarsene per lungo tempo, finendo per appuntarsi il titolo, sperando in una distribuzione nostrana, quantomeno per consigliarlo e soprattutto rivederlo.
Era da tempo immemore che non mi capitava di vedere una pellicola che avesse l’incipit e il finale uguali. O meglio,in questo caso, il finale e l’incipit coincidono in quanto rappresentano la stessa sequenza ma il regista decide di mostrare l’approfondimento dello stesso frame, in un finale serrato che stupisce e incanta.
Anche se il racconto si svolge in modo lento e ad un certo punto si inizia a credere che stiamo guardando l’ennesima storia di riscatto-vendetta-illupoperdeilpelomanonilvizio, pazientate e arrivate a poco oltre la metà quando, nonostante l’accadimento di “qualcosa” che sembra capace di appianare le sorti dei protagonisti, in realtà le trascina in un vortice di eventi che conducono dritti dritti al drammatico finale.
Gonzales ci mostra quali sono gli elementi con i quali avremo a che fare per tutta la durata e non li muta mai. Bella la fotografia cupa, che rappresenta il losco, lo sporco che non si scrollano mai di dosso i due protagonisti, sarà per questo che Federico, il maggiore dei fratelli, e tra i due il più responsabile, e manco tanto, all’uscita dal carcere, decide di redimersi lavorando in una miniera e, per la maggior parte dello svolgimento, lo troviamo sempre coperto di cenere. A differenza di Ramiro, il più piccolo e incosciente tra i due, che continua a mostrarsi pulito fuori ma estremamente sporco nell’anima, inguaribile passaguai.
Peccato per il cattivo sviluppo di parte della sceneggiatura iniziale, altrimenti ci saremmo trovati di fronte ad un capolavoro di genere. Mi piace comunque la visione di Gonzales, ma è evidente l’incapacità di andare nel profondo; forse gli manca il coraggio di osare, ma almeno è capace di utilizzare le prospettive e soprattutto il montaggio.
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