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Grandi bugie tra amici

Regia di Guillaume Canet vedi scheda film

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La recensione su Grandi bugie tra amici

di Furetto60
5 stelle

Stanco sequel del "Piccole bugie tra amici" l'interpretazione degli attori è buona , ma il film non "graffia"

Dopo la separazione dalla moglie e alle prese con una situazione economica tutt’altro che florida, a causa di alcuni investimenti sbagliati, Max si trasferisce nella sua casa al mare per riflettere in solitaria. Lì, senza preavviso, lo raggiunge il suo gruppo di amici storici, per festeggiare il suo sessantesimo compleanno. Le vite degli altri scopriremo un tantino alla volta,non sono andate meglio: tra figli non desiderati o ai quali si era del tutto impreparati, sessualità poco chiare, nessuno appare felice, mentre i figli ormai adolescenti osservano in tralice, le macerie emotive dei genitori. Naturalmente non è la situazione ideale per fare baldoria e Max non finge neppure di essere contento della visita,anzi addirittura in prima battuta li mette alla porta, ma dopo qualche imprevisto tutti si accomodano, in un’altra villa ancora più bella di quella di Max,che lui con l’acqua alla gola, sta per vendere all’insaputa di tutti. Nel 2010  le “ piccole bugie tra amici” di un gruppo di Parigini impegnati a trascorrere come ogni anno le vacanze estive nella villa di Tap Ferret mentre l’istrionico Ludo esalava l’ultimo respiro, in un letto d’ospedale dopo la fatale notte brava, erano state apprezzate dal pubblico, che le aveva "lette" come una sorta di “Grande Freddo”alla francese, con un ritmo blando e dilatatissimo, con i suoi 148 minuti, e con intimi e piacevoli momenti di complicità tra gli interpreti, tutti ben scelti tra una generazione artistica di grandi promesse.Nove anni dopo,l’operazione nostalgia non regge, rivelandosi un raddoppio inutile, lo sceneggiatore e regista osserva quasi indifferente,al declino fisico e morale dei suoi stessi protagonisti, più che un inno all’amicizia, suona come un monito e uno sguardo desolato sul presente, contro i vizi dell’epoca, le app di appuntamenti, i ragazzini chini sullo smartphon, poco convincente, e soprattutto poco spontaneo, quando prova a darsi slanci di ottimismo, a farci credere che lo spirito di gruppo possa essere l’ancora di salvezza, dalla solitudine delle nostre vite. A tal riguardo, l’unico eleento interessante, del film di Canet, è la denuncia dell’inversione di rotta di una cinematografia, come quella francese, che anche quando ha affrontato smarrimenti esistenziali, drammi privati, vi ha sempre introdotto le tensioni sociali e politiche attuali. Oggi, invece, gli autori si chiudono in appartamenti borghesi, sviluppando trame leggere, lontane dal mondo reale. I protagonisti di questa storia sembrano girare in tondo e a vuoto,incomprensibilmente. Nel film precedente il meccanismo anche se viziato da questo peccato di fondo,comunque in qualche modo funzionava, anche se la narrazione e la regia rimanevano su binari convenzionali e l'energia del racconto era sprigionata dalle interpretazioni degli attori e dall'insolitbinomio di umorismo e dramma,invece in questo sequel dove sembra che tutto è già stato visto, la narrazione è monotona e sembra avvitarsi su se stessa,la chimica del suo predecessore qui non tira e solo l’incipit del film , con gli atti nevrotici e convulsi di Max, così come l'apparizione a sorpresa degli amici, offrono qualche spunto di riflessione e regalano qualche briciola di buonumore.Poi la sceneggiatura scivola nella mediocrità, sciorinando battute di grana grossa, finché nella seconda parte, Canet introduce una serie di situazioni pretestuose, utili solo per servire dei colpi di scena assolutamente telefonati, fino a concludersi su un ultimo, banalissimo“coup de theatre”.Le performance degli attori costituiscono l'elemento di forza del film, il bravissimo Cluzet che a tratti gigioneggia, Magimel che si conferma uno dei migliori attori della sua generazione e a seguire Marion Cotillard, Laurent Lafitte, Gilles Lellouche, Pascale Arbillot, Clémentine Baert, Valérie Bonneton sono tutti efficaci.



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