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Soledad

Regia di Agustina Macri vedi scheda film

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La recensione su Soledad

di barabbovich
2 stelle

Cosa accade se hai a disposizione una storia vera di profonda ingiustizia, una vicenda piena di trame oscure, di palpiti, di furore rivoluzionario, di riferimenti al tempo presente e a dirigerla ci metti la figlia (per di più esordiente) del presidente argentino Macri, Augustina? Succede che, se in aggiunta hai a disposizione un cast scarsissimo (soprattutto nella parte italiana) e in costante overacting, quella storia la racconti che peggio non si potrebbe e che metti le palpebre dello spettatore a durissima prova. La storia di cui stiamo parlando è quella di una ventitreenne argentina che se ne parte da Benos Aires per andare a fare un viaggio in Europa. Siamo nel 1997 e la ragazza (una che - come testimonia la sorella - non distingueva neppure la derecha dalla izquierda), non capiamo come né perché, finisce in un circolo anarchico torinese, dove si innamora di uno dei leader, Edoardo detto Baleno (Giulio Corso). Qui i due, insieme ad altri, finiscono in carcere perché accusati di essere stati i responsabili del sabotaggio al progetto della TAV, allora ai suoi primi vagiti. Edo finisce in carcere e lì ti toglie la vita. Lei, agli arresti domiciliari, si suicida dopo un centinaio di giorni. Lo spettatore vorrebbe fare lo stesso, tanto è lo sconforto davanti a una ricostruzione così approssimativa: il processo, nucleo della vicenda, liquidato con pochissime battute, mentre viene lasciato spazio a questioni secondarie, come il rapporto muto tra la detenuta e una agente della casa circondariale. Sull'insieme aleggia un'atmosfera costantemente parodistica, con gli anarchici ridotti a beceri produttori di slogan ("Tutti siamo in guerra prima lo capisci e meglio è") e la protagonista confinata a epifenomeno di un'esistenza di cui sembra del tutto inconsapevole.

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