Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Quest'opera racconta gli ultimi vent'anni della vita di Tommaso Buscetta, eminente boss mafioso e successivamente "pentito". Grazie alle sue rivelazioni e' stato possibile ricostruire l'organigramma di Cosa Nostra, legare i suoi membri a specifici ruoli - e misfatti - e procedere di conseguenza. Marco Bellocchio intreccia la narrazione delle vicende di "Don Masino" con la storia del maxiprocesso che vide alla sbarra decine di mafiosi. Essendo stato Tommaso Buscetta un personaggio controverso, suscettibile di essere giudicato in molti modi - fu un criminale certamente non meno pericoloso di quelli che contribui', con le sue dichiarazioni, a far condannare - ero curioso di vedere quale ricostruzione ne proponesse il regista. Marco Bellocchio sceglie di essere oggettivo. Pur dedicando alcune sequenze alla vita privata dell'uomo, che la storia c'insegna essere stato amante dei lussi e delle belle donne, la sceneggiatura lo mostra per lo piu' o nelle mani della giustizia, in particolare nei colloqui con il magistrato Giovanni Falcone, o durante il "maxiprocesso" che ha portato alla condanna di affiliati a Cosa Nostra. Da queste sequenze emerge quale rapporto si fosse instaurato tra Tommaso Buscetta e la magistratura. Dopo un periodo di dura detenzione in Brasile - dove si era recato per non essere coinvolto nella "guerra di mafia" in Sicilia - durante il quale era stato sottoposto a torture fisiche e psicologiche, il boss ottiene un trattamento di favore. Rende le proprie dichiarazioni a Giovanni Falcone, con il quale instaura un rapporto umano, non esclusivamente basato sulla reciproca convenienza. Le sequenze che lo mostrano nelle fasi processuali, ne evidenziano la calma, la padronanza di se', una certa autorevolezza, che contrastano con il livore e, per alcuni, la follia - vera o simulata - degli affiliati e dei boss chiusi nelle gabbie come animali furiosi. Mentre i magistrati sembrano intimoriti dalla rabbia degli imputati, ai quali paiono asserviti, Tommaso Buscetta affronta questi ultimi a testa alta, lasciando pero' immaginare di avere piu' di un motivo per contribuire alla loro condanna. Non solo i vantaggi per se' ed i familiari, ma anche la vendetta, per i molti parenti assassinati durante la sua assenza. Buona l'interpretazione di Pierfrancesco Favino, nei panni del protagonista. Da' l'immagine di un uomo poco trasparente, determinato, in grado di trattare con le istituzioni da pari a pari. Il "corteggiamento" dello Stato ha termine nel momento in cui il Buscetta fa rivelazioni in grado di coinvolgere personaggi politici di spicco. Non ottiene il credito sperato, ne rimane segnato. Le ultime sequenze del film lo mostrano fragile, malato, rassegnato al proprio destino, benche' attorniato dai parenti ed ormai al sicuro da vendette o ritorsioni. Dopo la visione, mi sono sommariamente documentato; il regista sembra essersi attenuto alla realta' storica. Il film e' coinvolgente; tuttavia, per una buona comprensione, e' necessario conoscere i fatti. Altrimenti alcune sequenze - in particolare, quelle che mostrano omicidi - possono risultare oscure. Nonostante la difficolta', causata dalla complessita' del personaggio protagonista, Marco Bellocchio e Pierfrancesco Favino hanno fatto un buon lavoro, tentando di dare un'immagine oggettiva di Tommaso Buscetta e lasciando pertanto il giudizio allo spettatore.
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