Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Un co-produzione internazionale porta Bellocchio a firmare uno dei film più importanti della sua cinematografia. Bellocchio è uno degli ultimi maestri che ci rimangono, uno che conosce il valore del Cinema e non lo spreca mai, anche nelle pellicole meno riuscite. Qui decide di fare un film rigoroso, geometrico, piuttosto lineare, quasi didascalico, ma ci racconta la vita di Tommaso Buscetta, colui che con il suo pentimento ha dato il via alla sconfitta, o, quanto meno, al suo ridimensionamento, della mafia. Bellocchio trova un attore straordinario in Pierfrancesco Favino, davvero al livello delle grandi interpretazioni dei migliori attori italiani, che si carica sulle spalle tutta la solitudine e l'amarezza di un uomo di mafia passato poi dalla parte dello Stato. Lo fa con un film corale e asciutto, lungo, che a tratti richiede molta attenzione e, soprattutto, conoscenza dei fatti, e lo fa con un film che racconta una parte fondamentale della storia di questo paese. C'è qualche momento di stanca, ma si riscatta, per esempio, con la parte del maxi processo di Palermo, 1986, girata in modo splendido, uno dei momenti più alti non solo de "Il Traditore" ma del Cinema recente italiano. Qui non ci sono le cazzate supereroiche, i comici falliti, qui si respira aria di grande Cinema, finalmente. Non è un film per tutti, ma è un film che tutti dovrebbero vedere. Uno scatto d'orgoglio della cultura e del Cinema italiano. Evviva.
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