Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
La parabola di Tommaso Buscetta, mafioso evaso all’inizio degli anni Ottanta, rimasto latitante in Brasile per qualche anno e infine, una volta arrestato, testimone decisivo in vari processi su Cosa Nostra.
Va innanzitutto riconosciuto a Marco Bellocchio – indubbiamente non uno sprovveduto, si capisce – la ferma volontà di non creare alcuna epica, di non mostrare in alcun modo vincente o positivo il personaggio di Tommaso Buscetta, pentito di mafia attorno a cui questa pellicola si svolge; la notevole esperienza del regista, più volte impegnato nel cosiddetto cinema civile, gli ha permesso infatti di tratteggiare fra luci e ombre una figura ben distante da quella di un antieroe, più vicina piuttosto a quella di un uomo, come tanti altri, pieno di contraddizioni e di insicurezze. Questo ovviamente anche per merito di un copione ben assestato, che reca oltre alla firma di Bellocchio quelle di Valia Santella, Francesco Piccolo, Ludovica Rampoldi e Francesco La Licata; ulteriore elemento convincente, per quanto non si esprima al massimo delle sue potenzialità, è la scelta di Pierfrancesco Favino come protagonista. Fra gli altri attori in scena: Fabrizio Ferracane, Maria Fernanda Candido, Fausto Russo Alesi, Luigi Lo Cascio, Bebo Storti e Pier Giorgio Bellocchio, figlio del regista. Qualche perplessità è lecita sulla durata, che sconfina ampiamente oltre le due ore raggiungendo quasi le due e mezza; pochi dubbi invece sulla cura della confezione, a partire dalla fotografia di Vladan Radovic; musiche (non particolarmente memorabili, ma nemmeno male assortite) di Nicola Piovani. 5,5/10.
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