La recensione su Il traditore

di alan smithee

7 stelle

FESTIVAL DI CANNES 2019 - CONCORSO "La Mafia non esiste. È solo un invenzione della stampa. Esiste invece Cosa Nostra, a cui io ho giurato fedeltà come soldato semplice, e che non tradiro' mai. Per questo non mi considero un collaboratore di giustizia, né tantomeno un pentito". Queste le prime confidenze che il cosiddetto "boss dei due mondi" scambia con il giudice Falcone, l'uomo che più di ogni altro si costituì in prima linea nella lotta contro Cosa Nostra, e le sue connivenze con la politica. Un rapporto, quello tra i due carismatici personaggi, che si sviluppa poco per volta, progredisce, e muta da una fredda, forzosa collaborazione ad una complice alleanza fruttuosa per le differenti soddisfazioni di entrambi.

Maria Fernanda Cândido, Pierfrancesco Favino

Il traditore è un biopic accurato e fittamente scandagliato nella descrizione dell'evolversi delle controverse vicende e dei processi su uno dei personaggi più controversi e cardine nella suzione dei malesseri che hanno condizionato i destini di un paese falcidiato da una connivenza tra politica deviata e connections mafiose. Bellocchio sceglie un racconto stilisticamente impostato su una struttura tradizionale, forse anche sin troppo, alternando flash-back della rutilante vicenda umana, processuale e familiare di un personaggio intelligente e scaltro, amante della bella vita, delle donne, e in grado di capire che per riuscire ad avere entrambi, conviene ooerare sottotono e nei bassi ranghi.

Contrariamente alle sue previsioni, di fatto centrate, Buscetta divenne un personaggio pubblico cardine, quasi una star dalla moralità controversa, ma non senza un suo codice comportamentale in grado di distinguerlo dalle vere belve a capo di Cosa Nostra: il clan dei Corleonesi con a capo Riina, sua antitesi per carattere, obiettivi e stili di vita: "lui ama il potere, ma non se lo gode, io amo la bella vita, le donne e la mia famiglia". Marco Bellocchio indovina l'approccio sul personaggio, e riesce a delineare i tratti di una figura davvero controversa, ma di fatto interessante e per nulla repellente, come potrebbe apparire senza addentrarsi o ritornare alle cronache che lo portarono, suo malgrado, alla ribalta mediatica e lo resero uno dei personaggi più minacciati e ricercati dai peopri ex compari, agli occhi dei quali rappresentava la quintessenza del traditore.

Goffredo Maria Bruno, Pierfrancesco Favino, Giovanni Calcagno, Fabrizio Ferracane, Maria Fernanda Cândido

Ma più che il film, correttamente impostato, a tratti incalzante, il reale valore aggiunto della pellicola sta nella interpretazione leonina ma anche misurata di uno straordinario Pierfrancesco Favino: un vero gigante e per nulla macchiettistico nel trasporre i tratti salienti di un personaggio cosi emblematico e contraddittorio. Per lui il premio come miglior attore mi parrebbe una scelta coerente ed opportuna. La validità del film è merito soprattutto suo, non c'è storia, e senza nulla togliere a Bellocchio, da sempre legato ad una direzione piuttosto tradizionale, didascalica se non statica che non guasta, ma nemmeno esalta il risultato finale. Ottimo anche Luigi Lo Cascio, nel ruolo del pentito dal linguaggio incomprensibile Contorno, e pure notevoli gli altri caratteristi impegnati ad impersonare i malavitosi, i giudici e gli avvocati impegnati nel confronto.

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