Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
C'è una bella storia italiana dietro il colpo di stato dell'11 settembre 1973 che portò al potere Pinochet e alla morte Salvador Allende. Ed è una storia di solidarietà e di accoglienza. La racconta, con lo stile sobrio e rigoroso che gli è consueto, Nanni Moretti, che torna al documentario a quasi trent'anni di distanza da La cosa, con un film pregno di politica. Affidandosi alle testimonianze di giornalisti, diplomatici, insegnanti ma anche a quelle dei militari che appoggiarono il golpe che avrebbe portato a una lunga stagione di dittatura, Moretti ricostruisce la vicenda che indusse circa 150 cileni, molti dei quali bambini, a rifugiarsi nell'ambasciata italiana, dove vennero accolti, sfamati e persino messi in volo per l'Italia, Paese che li avrebbe ospitati e che avrebbe anche dato loro un lavoro. Era tutta gente che aveva vissuto per appena tre anni il sogno di una rinascita, perché quello di Allende fu il primo governo socialista latinoamericano andato al potere non con un colpo di stato ma con una democratica elezione. Ma l'egualitarismo e le riforme sociali di Allende non piacevano agli americani, che appoggiarono il golpe di militari disposti persino a bombardare la Moneda, il palazzo del governo a Santiago. L'esperimento di Allende era ben lontano dal socialismo reale di Unione Sovietica e Cina, libertario e pienamente democratico, tale dunque da mettere in allarme gli Stati Uniti (si era nel pieno della Guerra Fredda). Di quella stagione i diversi testimoni di quella bella vicenda raccontano molti aspetti, anche i più crudi (desaparecidos, tortura), fino alla commozione. Una commozione che arriva anche allo spettatore, che davanti a fatti del genere non può che fare eco al regista nell'unica inquadratura nella quale egli appare nel film: "Io non sono imparziale. Non sono imparziale".
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