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Santiago, Italia

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Santiago, Italia

di mm40
5 stelle

Santiago, Cile. L’11 settembre 1973 il colpo di Stato militare guidato da Pinochet destituisce il Presidente democraticamente eletto Allende. Negli anni successivi moltissimi cileni fuggono dal Paese, aiutati anche dall’ambasciata italiana locale.

 

Strano, curioso come Nanni Moretti tenti la via del documentario: un regista così particolare, che fondamentalmente nelle sue opere parla sempre di sé, si mette a intervistare una serie di rifugiati cileni che si sono rifatti (o semplicemente fatti, data la giovane età all’epoca) una vita in Italia dopo essere fuggiti dal regime di Pinochet negli anni Settanta. Meno strana è invece la scelta di per sé di cambiare territori, di sperimentare qualcosa di nuovo per un cineasta che non ha mai avuto problemi o addirittura limiti di genere; morale della favola: anche in Santiago, Italia Moretti riesce a puntare il dito verso sé stesso. Non soltanto, certo: le storie di vita dei protagonisti sono bellissime e strazianti e interessantissime (in una parola: vere); ma riesce a fare anche quello. Sia nell’unica scena prettamente ‘cinematografica’ del film, meravigliosa quanto totalmente fuoriluogo: il regista che compare nell’inquadratura mentre dice a un galeotto cileno che, sostanzialmente, farà ciò che gli pare dell’intervista che gli ha appena rilasciato; sia per quel titolo fortemente allusivo che pare proprio non avere azzeccato il momento storico adatto per essere proposto: il parallelo fra il Cile di Allende e la sua drastica conversione in una dittatura con l’Italia di Renzi e la sua drastica conversione in un Governo populista, sinceramente, proprio non regge. E non è solo un’idea balenata da quella virgola letta sulle locandine del film: è concretamente esplicitato nelle parole dei testimoni che compaiono sullo schermo. Secondariamente Santiago, Italia lascia un po’ di amaro in bocca per il modo sbrigativo in cui tratta la Storia, come se lo spettatore dovesse avere tutto chiaro in mente sui fatti del Cile negli anni Settanta: il nome di Pinochet viene citato di sfuggita una sola volta, verso la fine, e cosa effettivamente sia successo dopo l’11 settembre 1973 è difficile da comprendere nelle parole degli intervistati. Il fatto che Nanni Moretti sia ormai l’ultimo dei veri intellettuali di sinistra, disposto anche ai compromessi del Pd pur di portare avanti la bandiera rossa, non è mai stato evidente come lo è in questa opera (e francamente, per inciso, non è un ostacolo, ma solo un dato di fatto): ben confezionata, si intende, ma schierata in maniera fin troppo aperta. E discutibile, ma discutere fa sempre bene. A meno che non si viva sotto un Governo populista… 5/10.

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