Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
TFF 36 - FESTA MOBILE - FILM DI CHIUSURA
La circostanza di un viaggio effettuato sino a Santiago del Cile, offre lo spunto a Nanni Moretti di ripercorrere i drammatici momenti vissuti dalla popolazione cilena, ed in particolare dai cittadini della stessa capitale, vissuti in quell'altro e ben precedente 11 settembre terribile, quello del 1973, durante il colpo di stato da parte dell'esercito, che mise fine al governo eletto democraticamente dal popolo, che scelse Salvator Allende come suo rappresentante.
Moretti sceglie la strada del documentario tradizionale, circoscritto alle facce dei protagonisti dell'epoca, che raccontano, tutti con pacatezza ed estrema dignità, ma non senza evitare sottili ed inevitabili momenti di commozione, gli stati d'animo immediatamente precedenti alla rivolta, lo sconcerto e la violenza che hanno fatto seguito a quel improvviso rovesciamento di un governo amato e ben visto dal popolo, spazzato via con la forza dalle armate cilene sotto il comando del generale Augusto Pinochet.
Ma il regista, a cui non basta affrontare il ricordo e la testimonianza delle vittime di quel regime nato con la forza, si sofferma sull'azione eroica ma poco nota che, in quella drammatica circostanza, l'ambasciata italiana intraprese ben più di molte altre, nel procedere a dare asilo alle migliaia di cittadini perseguitati ed in fuga; e nel voler parimenti ascoltare la voce dei "cattivi", ovvero di coloro che parteciparono alla presa armata del potere, al bombardamento del palazzo del Governo, e alla fine di un Presidente dichiaratamente di sinistra, anzi marxista, ma il primo ad essere eletto in America latina, seguendo un iter democratico fatto di libere elezioni popolari.
"Santiago, Italia" - titolo che ribadisce la "liaison" che ha unito un paese devastato per il tramite dell'organo diplomatico dell'altro - sceglie lo stile più elementare che si possa immaginare per strutturare e dar vita ad un documentario: una scaletta di domande poste ad una platea scelta, che in questo caso comprende nomi noti come quelli del regista e documentarista cileno Patricio Guzman, a quella di giornalisti più o meno noti, imprenditori, artigiani, gente del popolo che ha poi trovato nell'Italia il paese di asilo dove poter ricominciare una vita improvvisamente messa allo sbando da un improvviso, devastante e tirannico colpo di stato.
Gli intervenienti vengono poi mescolati e cadenzati in sede di montaggio per seguire il filo logico dello svolgersi del filo del discorso, evitando di frammentare e rendere ripetitivo il processo di sintesi del ricordo delle drammatiche fasi della rivolta.
Saggia e foriera di un più sentito impeto emozionale, appare inoltre la scelta di restare vincolati ai racconti dei singoli personaggi comuni, evitando di deviare il discorso sui personaggi simbolo della contesa, tanto da tenere quasi allo scuro della vicenda il personaggio simbolo del male e della sopraffazione - ovvero Pinochet, nominato solo di sfuggita in una occasione - ma sempre comunque presente nel discorso e nel ricordo di ognuno in quanto simbolo inevitabile e cupo della fine della libertà e di quel periodo di spensieratezza contagiosa che dal 1970 al 1973 aveva impregnato come mai prima un paese vitale come il Cile.
La sfrontata semplicità di Santiago, Italia, finisce per convincere: certo, e tutto il contrario di un film alla Guzman (per citare uno dei testimoni chiamati a "deporre", documentarista sofisticato e di rara capacità visivo-narrativa), ma in grado di attirare nuovamente l'attenzione su uno dei più eclatanti misfatti-simbolo ai danni della libertà, attentato tra i più simbolicamente eclatanti ad una forma di democrazia che nasce col più puro e sincero intervento delle masse.
Un film utile a chi in quegli anni non c'era, e magari conosce poco o nulla di questo clamoroso attentato alla democrazia, perché troppo giovane, all'epoca, per poter entrare nel merito di quell'abuso nei confronti di una scelta spontanea del popolo indirizzata verso un governo condiviso e anelato. Un film da far vedere nelle scuole per far conoscere, far capire, tener vivo un ricordo che non induca a tornare a ripetere gli stessi sanguinosi errori di un passato purtroppo spesso troppo ciclico e perversamente predisposto a ripetere i suoi più fatali misfatti.
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