Regia di Destin Daniel Cretton vedi scheda film
Il diritto di opporsi di Destin Daniel Cretton presentava la caratteristica non comune di annoverare una matrice culturale e artistica condivisa da una parte importante del cast. Destin Daniel Cretton, sceneggiatore e regista del film, così come due degli interpreti, rispettivamente Michael B. Jordan, qui nei panni di Bryan Stevenson, avvocato che si batte per evitare la condanna a morte a un uomo (Jamie Foxx) accusato di un delitto mai commesso, e Brie Larson, scelta per il ruolo dell’attivista che lo aiuta nell’impresa, si sono messi in luce con due lungometraggi in qualche modo anticipatori della compassione umana e dell’attenzione al sociale presenti nell’approccio con cui si rivolge ai personaggi: Cretton e Larson lavorando insieme in Short Terms 12 in cui ”Mrs Marvel” figurava nelle vesti di un’indomita assistente sociale in un istituto di giovani svantaggiati, mentre Jordan non gli era da meno (in termini di empatia) commuovendo il Sundance Festival 2013 con un’opera, Prossima fermata: Fruitvale Station che rievocava l’uccisione di un ragazzo afroamericano da parte della polizia di Oakland.
Tutto questo per dire come Il diritto di opporsi rappresenti per le parti in causa una specie di ritorno a casa, non solo perché la sua storia (vera) si erge a parametro dell’iniquità della legge nei confronti di coloro che non hanno i mezzi per difendersi (come capita a Walter McMillan/Jamie Foxx al momento dell’arresto), ma sopratutto per fare dei protagonisti gli elementi del circuito virtuoso (e molto liberal) chiamato a sparigliare le magagne del sistema, qui rappresentato dal presupposto razzista e discriminatorio delle istituzioni dell’Alabama, stato americano in cui si svolgono i fatti. Succede però che mentre nei film sopracitati l’accorata genuinità delle interpretazioni andava di pari passo con l’asciutta verosimiglianza della messinscena ne Il diritto di opporsi non succede altrettanto.
La mancanza di artificio della performance attoriale in cui Jordan, Larson e Foxx si spogliano di ogni glamour per apparire “senza trucco” davanti alla macchina da presa è accompagnata da una regia pronta ad assecondare la retorica di una sceneggiatura preoccupata di costruire il “caso esemplare”, quello in cui le disparità di giudizio e le differenze tra buoni e cattivi vengono ribadite ad ogni cambio di scena. Passato al mainstream dopo lunga militanza indie, Cretton sembra aver acquisito una visione del mondo priva di quei dubbi che di solito fanno da viatico alla messa in discussione del reale. Inoltre, prendendo in esame gli ultimi due lavori dell’autore hawaiano, Il castello di Vetro (con la Larson ancora una volta protagonista) e, appunto, Il diritto di opporsi, emerge in maniera netta la costante di una partitura drammaturgia altrettanto squilibrata: tanto fredda quella del primo film, troppo calda quella del secondo. Insomma, per Cretton i lavori sono ancora in corso.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su taxidrivers.it)
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