Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Se ci fosse stato ancora Kubrick, Joaquin Phoenix sarebbe stato un attore perfetto da plasmare al suo genio. Metodico, selettivo, versatile, De Niriano, un portento d’attore già da tempo, che in “Joker” sublima la sua arte recitativa. Il confronto attoriale tra lui e Robert De Niro è un ideale passaggio di consegne. Il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia 2019 analizza le radici del male, le origini del disadattamento sociale di un noto personaggio tratto dal mondo del cinecomic, discostandosi nettamente dall’universo di Batman (a parte l’ambientazione di Gotham City): punto di forza e di originalità della pellicola scritta e diretta da Todd Philips. Dunque “Joker” è la radiografia di un cittadino americano di nome Arthur Fleck. Un clown triste dalla precaria salute mentale, dalla vita difficile in una società respingente, una madre inferma e “ingombrante”. Solitario e afflitto da un disturbo della risata, tutt’altro che divertente o contagiosa. Messe in fila una serie di ingiustizie personali, familiari e lavorative Arthur diventa un killer per difendersi, affermarsi e sopravvivere.
Questa è la vita…folle come sembra
Alcuni si prendono i propri calci, calpestando un sogno.
Ma io non mollo, non mi abbatterò…
Perché questo bel vecchio mondo continua a girare…
Il celebre brano di Frank Sinatra si innesta ad hoc nei momenti clou di Fleck, sottolineano la metamorfosi del protagonista, ne diventano il manifesto.
“Joker” è il ritratto di un’America violenta e individualista, l’ennesimo probabilmente. E’ il sogno americano che diventa incubo, il sorriso che diventa smorfia di sofferenza e dolore. I miti televisivi alla Murray Franklin, i politici venditori di sogni e promesse alla Thomas Wayne sono il paradigma da rovesciare. “Joker” è un eccellente shaking di “Taxi driver” (il capolavoro metropolitano di De Niro e Scorsese), un aggiornamento tragico di Travis Bickle. Joker diventa un modello negativo, un simbolo di riscatto degli esclusi, un equivoco per rovesciare il sistema, il perbenismo americano, l’ipocrisia delle istituzioni. E’ un “King of Comedy” (Re per una notte, ancora del nume Scorsese), sanguinario e condotto all’estremo, ammiccante e giustizialista dei finti Franklin (guarda caso De Niro interpreta un ruolo simil Jerry Langford di Jerry Lewis). Arthur è un Rupert Pupkin che realizza il suo sogno non artistico, bensì di meditata e squilibrata vendetta individuale. Potrebbe essere letta anche come furia iconoclasta contro la società dello spettacolo di ieri, di oggi, di sempre.
That’s life! That’s Joker!
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