Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Un malato di mente non è un cattivo come tutti gli altri. Non possiamo che entrare in contatto con lui attraverso canali diversi rispetto a quelli che ci conducono alla repulsione per il male fine a se stesso. E l’empatia è inevitabile, anche di fronte al sangue di un innocente, all’omicidio più selvaggio. L’ingiustizia della vita, collana di perle nere che simbolicamente si stringe al collo di un bambino abusato nel corpo e nell’anima, è il terreno comune per l’incontro con una malvagità plausibile. Al cui cospetto la nostra società si rivela inopportuna, anzi rovinosa. Ben altra cosa rispetto – per intenderci - all’inumanità pagliaccesca del Pennywise creato da Stephen King e trasposto cinematograficamente in It (2017).
Joker è un film meraviglioso, uno dei più belli degli ultimi vent’anni. Su di esso non è il caso di speculare. Politica e sociologia sono state tirate in ballo a sproposito, dagli Stati Uniti all’Europa e in tutto il mondo che abbia nel cinema una consueta forma di cultura. Al punto, in troppi casi, da porre in secondo piano una delle più memorabili interpretazioni da grande schermo, quella regalata al pubblico da Joaquin Phoenix (già capace di impressionare in pellicole come The Master, Irrational Man e A Beautiful Day).
L'attore nato a Porto Rico ha avuto la meglio su Leonardo DiCaprio nella scelta effettuata dalla produzione e dal regista Todd Phillips (Una notte da leoni nel 2009), quest’ultimo passato con un autentico colpo di teatro dal registro della commedia semi demenziale a quello del dramma hard boiled, in cui crimine, violenza e sessualità trovano la loro rappresentazione più cruda. La prova di Phoenix, per trasformazione fisica (un dimagrimento di circa quindici chili) e capacità di calarsi nel ruolo, è paragonabile, ad esempio, a quella di Christian Bale in L'uomo senza sonno (2004).
Fin dalla prima scena il protagonista incassa l’immedesimazione dello spettatore, che nonostante prenda continui schiaffi in faccia dalla sceneggiatura firmata Todd Phillips e Scott Silver, è trascinato dalla parte di questo allarmante clown, incapace di diventarne nemico. In Joker fare il tifo per il ‘cattivo’ è inevitabile, complice quella risataccia fuori controllo, strozzata in fondo alla gola da un grumo di lacrime che infine salgono agli occhi e poi colano a impastare il trucco appiccicoso della più triste delle maschere. E così quasi tutti i ‘buoni’ della storia divengono un’associazione a delinquere, colpevole di originare un mostro infinitamente aggraziato nella sua danza che annuncia o segue la rabbia assassina (perfetta la colonna sonora della violoncellista islandese Hildur Ingveldardóttir Guðnadóttir).
Qui non c’è nessun supereroe in stile DC Comics, lo straordinaio fumettificio cui si ispira questa storia nera come lo sporco che insudicia la Gotham City prebatmaniana, l’epopea del pipistrello solo annunciata dal sospetto di un link parentale fra il pagliaccio fallito Arthur Fleck e il tristissimo fanciullo Bruce Wayne. Resteranno a bocca asciutta i benpensanti ricercatori di una morale che ribadisca loro cosa è giusto e cosa no. Perché la miseria e il sopruso e il bullismo e la disfatta, si mescolano in Joker in un cocktail destabilizzante che non lascia spazio a verdetti conformistici.
Film indispensabile, voto 10.
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