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Joker

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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La recensione su Joker

di laulilla
5 stelle

il film nasce da una sfida interna al mondo dell’intrattenimento televisivo e cinematografico: è possibile conciliare il mondo scanzonato ed eversivo dei ragazzi, per loro natura aperti alle novità e alle ipotesi del più radicale cambiamento dell’ordine sociale, con quello serio (e dileggiato) degli adulti "in cerca d'autore" ?

 

 

Todd Phillips era, fino a poco tempo fa, un regista noto soprattutto al pubblico televisivo (e cinematografico) dei più giovani, nonostante qualche piccola incursione nel documentario  per adulti, come Hated: GG Allin and the Murder Junkies (1993), non uscito in Italia, ma ora proiettato in qualche raro cineclub per far conoscere un po’ dei trascorsi cinematografici di chi aveva ricevuto da poco il prestigioso Leone d’oro veneziano.

 

Questo Joker sembra nascere da una sfida tutta interna al mondo dell’intrattenimento televisivo e cinematografico: è possibile conciliare il mondo scanzonato ed eversivo dei ragazzi, per loro natura aperti alle ipotesi del più radicale cambiamento dell’ordine sociale, con quello serio (e anche un po’ dileggiato) degli adulti colti e schizzinosi che da quel mondo preferiscono tenersi lontani?

 

1981 – South Bronx ovvero Gotham City

 

Il film ha la sua collocazione nel South Bronx newyorkese, che viene identificato con Gotham City, la città immaginaria dell’universo dell’immondizia in cui sono ambientati i fumetti delle edizioni DC Comics, che illustrano le avventure dell’eroe “buono” Batman, del quale il perfido Joker è l’antagonista.
Ogni sera rientra a Gotham, dopo le fatiche della giornata, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) uomo disturbato nella mente che vive con la madre Penny (Frances Conroy) nel South Bronx newyorkese.

È povero, depresso cronico e cupo, ma convive dignitosamente con i suoi gravissimi problemi fino a quando, nel 1981, Ronald Reagan, diventato presidente degli Stati Uniti, per mantenere la demagogica promessa elettorale di abbassare le tasse, decide di tagliare le spese sociali, azzerando i servizi socio-sanitari indispensabili a lui, ossessivamente assediato da fantasmi e manie, a cui verranno negati i farmaci gratuiti nonché  la consulenza psicologica.
Il suo ruolo sociale un tempo era rispettato: vestiva da pagliaccio (era lui Joker) per divertire i bambini malati all’ospedale; ne usciva con la sua maschera e con quel vistoso costume portando in giro cartelloni pubblicitari, in attesa che arrivasse il suo momento, quello in cui avrebbe fatto il comico per davvero, in televisione come Murray Franklin (Robert de Niro) e tutti lo avrebbero riconosciuto e amato…

Il suo sogno purtroppo, si sarebbe scontrato presto con la disumanità che stava soffocando l’America di quegli anni: una generale Gotham City immersa ovunque dall’immondizia fangosa della crudeltà contro i più deboli, a cui non sarebbe rimasta che la ribellione anarcoide e irrazionale, facile pretesto per la repressione poliziesca in piena sintonia con la deriva reazionaria delle classi dirigenti.

 

Le dichiarazioni di Phoenix

 

Joaquin Phoenix ha dichiarato in numerose interviste, che si trovano facilmente sul Web, che mai si era sottoposto a una simile fatica, non solo fisica, ma culturale e intellettuale, per l’interpretazione di un film, essendo stata addirittura maniacale la cura con cui, insieme al regista, aveva impostato il proprio ruolo, la propria gestualità, il proprio comportamento. Allo stesso modo il film nel suo complesso era stato studiato nei particolari più minuti, con l’attenzione meticolosa di chi non intende lasciare proprio nulla al caso e all’improvvisazione.

 

Che dire? personalmente, al di là della ammirazione che non da oggi suscitano in me le interpretazioni di questo grande attore, il film, sicuramente urtante e disturbante, non mi ha suscitato gran commozione. Mi è sembrato al contrario un’operazione astutissima del regista che ha utilizzato le suggestioni di molti vecchi film per strizzar l’occhio agli spettatori in cerca d’autore di cui è chiarissimo indizio la presenza di Robert de Niro, nel ruolo del comico anchorman televisivo che ricalca quello di Jerry Lewis nel film Re per una notte che il grande Martin Scorsese aveva cominciato a girare proprio nel 1981 (guarda caso!) nel quale un giovane De Niro, nei panni di Rupert Pupkin ossessivamente convinto delle proprie straordinarie qualità comiche, aveva organizzato il rapimento del presentatore per sostituirsi a lui, fra le risate di un pubblico di facile contentatura (Re per una notte è la citazione più vistosa, quasi la falsariga su cui è costruito il film).

Il regista, però, non ha dimenticato neppure i giovanissimi nei confronti dei quali esprime,  con lo splendore della colorata e caotica rappresentazione della loro violenza mascherati come Joker, una solidarietà sospetta, quasi assecondandone la volontà distruttiva, in vista di una palingenesi senza progetto che non può che alimentare la deriva reazionaria di cui Donald Trump (come già Ronald Reagan) sembra essere il più accreditato garante.

Col pubblico giovane, inoltre, il suo dialogo è intessuto di episodi che hanno lo scopo di spiegare agli adolescenti la dipendenza edipica di  Arthur, esemplificandola in una quantità di segmenti narrativi che appesantiscono la visione del film, dilatandone anche troppo la durata.

 

 

Per quanto mi riguarda, perciò, il regista ha vinto la sua sfida ambiziosa solo in parte: mille polemiche hanno accompagnato la premiazione veneziana, probabile frutto di un compromesso ingiusto per non scontentare una presidente di giuria che con le sue inqualificabili dichiarazioni aveva pregiudizialmente posto il proprio veto sull’ultimo film di Roman Polanski.
Questo spiega perché molti di noi (mi ci metto anch’io) amanti del grande cinema, e perciò di Polanski, hanno visto con riluttante diffidenza quest’opera, “ladra” di un onore, abusivamente conquistato.


Vero è, però, che un giudizio critico dovrebbe nascere da un’analisi il meno possibile emotiva: siamo umani e ci liberiamo con difficoltà dalle passioni che ci portiamo in cuore e che accompagnano la nostra vita.


Da vedere, in ogni caso.

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