Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Venendo dai fallimenti del nascente universo DC, la Warner quando annunciò questo progetto di un personaggio con taglio adulto ed originale, eravamo scettici perchè non sapevamo cosa aspettarci ma i sentimenti erano di scetticismo misti a curiosità. Il Leone d'oro dato a Joker dal festival più importante in ambito cinematografico ha lasciato di stucco e sorpreso in molti, tanto che pure i più scettici hanno dovuto drizzare le orecchie e dare attenzione alla suddetta pellicola cercando di capire il messaggio che la giuria di Venezia ha voluto dare.
Ci si aspettava un filmone e forse le aspettative erano abnormi quando sono stante messe alla prova dei fatti, eppure nel film non si può di certo negare la forte aria di Nuova Hollywood, la cui atmosfera riecheggia per tutta la pellicola grazie alla fotografia di Lawrence Sher che cattura il tono della Gotham urbana che sembra essere uscita di sana pianta da una pellicola americana anni 70', il decennio in cui quando ogni film mainstream cercava di catturare gli sconvolgimenti sociali che permeavano la società statunitense.
Girovagando tra varia sofferenza sociale introdotta dalla voce di una radio sullo stile di Strange Days di Katryne Bigelow (1995), Todd Philipps decide si soffermarsi su un esponente del sottoproletariato urbano contemporaneo; Arthur (Joaquin Phoenix), uno spiantato che sogna di diventare un cabarettista di successo, ma a causa delle sue battute scadenti tira a campare facendo il pagliaccio, affrontando giornalmente la sua professione con un preparatorio sorriso di repertorio totalmente artificioso innanzi allo specchio (ce ne sono molti) arrivando a forzarlo anche con le proprie dita, nella speranza di sapere cos'è, senza capire che in effetti l'immagine riflessa allo specchio rappresenta la sua persona pienamente.
L'uomo girovaga su e giù per una Gotham sempre uguale a sè stessa nel suo squallore, nonchè dalla crescente disuguaglianza sociale in netto aumento, che sta causando sempre più fenomeni di criminalità e malessere sociale verso chi gestisce le leve del potere, una tensione latente pericolosa e pronta ad esplodere, ma al momento disarticolata e senza uno scopo preciso, poichè si riversa in uno mero scontro tra poveri e non scalfisce chi sta in alto.
Lavoro gramo, problemi psicologici sempre persistenti, sfogo settimanale con la psicologa e un appartamento condiviso con la propria madre anch'ella non proprio il ritratto della salute, ad Arthur non resta che trastullarsi nella televisione, continuando a seguire in modo assiduo uno show condotto da Murray Franklin (Robert De Niro), sognando un giorno di esserne ospite e avere la stima di quest'uomo sperando possa riconoscerlo e capirlo, ma la sua mancanza di talento nel creare gag finisce per relegarlo in una squallida routine tra continui disturbi depressivi mista ad una rara patologia che gli causa una risata incontrollabile specialmente nei momenti di forte stress emotivo, che rendono Arthur sempre più invalidante sul piano sociale e percepito come strano.
Un uomo che è nulla costruisce sè stesso prendendo ispirazione dalla finzione della TV; la grazia nella sublimazione del ballo di Fred Astaire e l'elemento slapstick dalle pellicole di Charlie Chaplin, eppure il tutto continua a peggiorare anche per via del licenziamento da lavoro e questo in una società in piena crisi economica come l'america del 1981 vuol dire essere condannati alla morte sociale giorno dopo giorno, la massa di disperati deve fare qualcosa ha bisogno di un qualcosa o qualcuno che la smuova; meglio ancora un simbolo! Arthur lo fornirà a sua insaputa grazie ad un pessimo incontro con tre giovani arroganti yuppi che pensano che tutto il mondo sia loro piedi e tutto gli sia dovuto ed ecco che la miccia finalmente brucia grazie ad un significante che ha fornito il giusto pretesto per rivendicare la loro esistenza nel mondo.
Arthur come nella tradizione dei giullari medioevali, distrugge i potenti restituendo dignità agli oppressi, così che questi ultimi diano piano sfogo alla propria rabbia e al proprio malessere sociale verso i potenti responsabili delle loro vite infime; Thomas Wayne è una maschera borghese che si cela dietro la sua filantropia che a suo dire rivolge verso le fasce più deboli della società, quando in realtà è proprio la sua persona a causare l'ampio divario sociale, arrivando a generare ancora più rabbia poichè essendo totalmente alienato dal contesto in cui vive vista la sua ricchezza e gli eventi mondani a cui partecipa, nega la dignità di esistere a chi manifesta sensazioni di disagio. Thomas Wyane come certi liberal di sinistra afferma che c'è una crescente invidia sociale; i comunisti una volta la chiamavano lotta di classe, i grillini attacco alla casta, gli anarchici dissoluzione della società mentre per Joker è pura felicità per la rivalsa sociale.
Se Thomas Wyane si chiude nel luogo simbolo della borghesia, il teatro risultando impermeabile al mondo, la maschera del clown continua a farsi largo tra il popolo diventando un simbolo di unità e coraggio con cui distruggere un sistema corrotto e marcio che si cela dietro la maschera della felicità perenne che la società dei ricchi e potenti vuole inculcarci; ma la gente non è felice, il popolo non vuole ridere, i cittadini sono arrabbiati e anche in modo pesante, esprimendo per questo la loro spietata sentenza; morte ai potenti!
Il problema del film è che se l'animo anticonformista di Joaquin Phonix (il miglior attore vivente nel mondo, per lo meno tra gli americani è il numero uno assoluto con netto distacco) chiaramente emerge nel tratteggio fisico e psichico di questo personaggio, arrivando ad forte scavo psicologico nella sua figura smascherata e messa totalmente a nudo, riuscendo a caratterizzarlo in modo tale che non si capisca mai quando si ci sia di verità e finzione insita nel suo personaggio, che si barcamena tra sorrisi forzati, attimi di nera depressione e moti di felicità spontanea, invece la regia di Todd Philipps ha una chiara impronta borghese che aveva già mostrato nei suoi precedenti lavori.
Il film è fortemente character driven (quindi se non piace il personaggio o comunque l'attore il film molto probabilmente lo si giudicherà non riuscito), arrivando a poggiare gran parte del peso sull'esile quanto devastato fisico di Joaquin Phoenix, il quale ha la forza interiore necessaria per reggere il tutto con un personaggio ora malinconico, poi depresso e talora veramente inquietante, solo che il regista sembra farci vedere Arthur anche dal punto di vista altrui perdendo il punto di vista su cos'è Joker, giungendo con un twist plot ad allontanarci definitivamente dal personaggio, avendo paura della possibile empatia del pubblico verso di lui.
La critica anglosassone che lo ha demolito nelle ultime due settimane anche a causa di certi comportamenti anticonformisti di Phoenix, lo ha accusato di propagare violenza ed idee rivoluzionarie che tra i social potrebbero trovare largo consenso, eppure in realtà nel film emerge una forte anima contraddittoria tra un Phoenix che sente proprio il personaggio facendocelo capire a chiare lettere ed un Todd Philipps che ha la sindrome del braccino corto, con una regia sin troppo da moderato Berlusconiano, più che da uomo con forti sentimenti di rabbia.
Ci sono momenti di semplificazione eccessiva in un paio di punti, così come una volta per ciascuno non manca un certo didascalismo sia verbale che visivo (perchè rendere ovvia la questione Sophie Dumond quando s'era capito tutto?); eppure un certo impatto figurativo nel finale lo dimostra quindi perchè non spingere il pedale fino in fondo e sviluppare appieno tutti gli spunti disseminati prendendo una chiara e netta posizione politica?
A livello socio politico è molto più consapevole di film della concorrenza come Spiderman Homecoming di Jon Watts (2017), dove la Marvel mostrava un conservatorismo reazionario sopprimendo e disprezzando il povero a favore dei potenti (Spiderman) e miliardari (Tony Stark), oppure il pseudo progressismo di Black Panther di Ryan Coogler (2018), che celava sotteso un razzismo latente verso i neri, perchè il Wakanda a fine film si apriva si al mondo ma quale nero và ad aiutare? Semplice, quello chic della California, mentre il fratello nero africano può continuare a soffrire e fare le Nike per 1 dollaro al giorno, del suo destino frega poco visto cge tanto non è un nero che può permettersi di spendere soldi per un biglietto per andare a vedere il film, quindi può continuare a soffrire perchè non serve alla causa liberal della Disney/Marvel.
Detto questo e ritornando a Joker, una volta che il regista ha reso Arthur un essere del nulla, al momento in cui deve creare Joker, Phillips compie un errore vistoso, lo priva di un cuore in modo che diventi impossibile empatizzare con tale figura disperdendo la forte carica anti-sistema e anti-sociale insita sino a quel momento nel personaggio, così che la violenza di cui si fà ispiratore verso il movimento dei clown, venga da costoro rivolta verso tutti rendendola al così priva di senso e la violenza priva di significato è molto meno pericolosa della violenza con un chiaro significato, perchè risulta fine a sè stessa e priva di connotazioni sociali e politiche sottese al gesto; ad esempio se rivolgo la mia violenza contro una multinazionale con tale gesto dico che non voglio che i potenti schiavizzino e sfruttino i lavoratori, rispetto invece a coloro che usano la violenza per distruggere tutto disperdendo il significato di essa. Joker alla trasmissione televisiva dice che non vuole porsi a capo del movimento dei clown e nè che ha uno scopo politico, quindi è una figura che và al di là delle ideologie volendo solo far ritornare l'essere umano al centro di tutto, rendendolo libero dalle ideologie che nella storia hanno causato tanta sofferenza, eppure al momento di diventare adulti Philipps finisce per trasformare Joker in un ennesimo simbolo che sarà sfruttato per immagini su facebook, maschere da vendere sullo stile di V per Vendetta e frasi cool, adoperando la tecnica dell'ellissi per non sviluppare appieno sul più bello le estreme conseguenze; che alla fine il senso del gesto di Joker non sia stato capito? Oppure che Joker non possa essere compreso da nessuno (vedere la barzelletta)? Dopo aver scelto la via dell'espansione dal particolare al generale, il regista ritorna all'individuo che magari ha trovato sè stesso ma ha rinunciato ad essere una figura davvero rivoluzionaria, ma forse abbiamo tutti sopravvalutato l'intelligenza e lo sguardo sociale di un regista che non è di certo il Billy Wilder dei nostri tempi quando si tratta di interpretare la realtà che lo circonda, ma è solo l'anonimo Todd Philipps, un mestierante incardinato in logiche di sistema che credevamo nonostante tutto, potesse veramente liberarsi dalle catene e fare la rivoluzione, quella vera e potente, un qualcosa che potesse diventare atto e non solo fermarsi in potenza.
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