Regia di Todd Phillips vedi scheda film
Arthur Fleck ha passato i quaranta, vive con la madre malata e si arrangia facendo il clown nella plumbea e violenta Gotham City. Sogna di fare stand up comedy, ma uno strano riflesso inconscio – una sinistra, inarrestabile risata che si scatena nei momenti meno adatti – lo blocca. Dopo l'ennesimo pestaggio subito proprio a causa del costume con cui lavora, Arthur si ribella e uccide a revolverate i suoi tre aggressori. In città si diffonde una protesta in cui tutti i partecipanti sfoggiano maschere da clown.
C'è più di una ragione per il grande successo di Joker, che ha valicato i confini cinematografici e ha – soprattutto – infranto le barriere dei generi trascinando un personaggio classico dei film dei supereroi (l'antagonista storico di Batman) all'interno di un thriller psicologico distopico con evidenti riferimenti alla realtà contemporanea. Questa la base di partenza: coraggiosa, ma senza dubbio solida osservando la tenuta narrativa e l'impressionante concretezza dei personaggi nella sceneggiatura firmata da Scott Silver e dal regista Todd Phillips, a partire ovviamente dai personaggi dei fumetti DC. L'opera funziona inoltre, è giusto rilevarlo, grazie alla mano di Phillips, al casting azzeccato perfettamente e alla confezione ultraaccurata, nonché – presumibilmente il primo fattore assoluto, nello spostare in alto l'indice di gradimento del pubblico – per la morale facile facile sulla “diversità come valore”, sul fatto che sia ok non essere ok. Francamente è inutile soffermarsi su questo aspetto, per quanto sia quello che ha maggiormente contribuito a premiare il film con il successo del pubblico: fin troppo è stato già sviscerato e, alla fine dei conti, lascia anche un po' il tempo che trova. Perché non conta se Arthur Fleck risulti davvero simpatico (antieroe) o antipatico (antagonista, come dovrebbe effettivamente essere nella saga di Batman), ma tutto ciò che importa vedendo Joker è che Joaquin Phoenix ci lascia una prestazione indimenticabile in un personaggio arzigogolato, dalle sfumature tutt'altro che semplici, che ha come tratto distintivo quella disturbantissima risata triste. Bene anche Robert De Niro nei panni dell'anchorman Murray Franklin, mentre negli altri ruoli centrali si trovano Frances Conroy, Brett Cullen, Shea Whigham, Bill Camp, Glenn Flashler e Zazie Beetz, con una particina anche per Marc Maron – attore sì, ma noto anche come (vero) stand up comedian. Due ore serrate che inchiodano alla poltrona: non male per un regista noto per commedie demenziali come la trilogia di Una notte da leoni o Road trip. 7,5/10.
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