Regia di Todd Phillips vedi scheda film
La risata grottesca di Joker accompagna il percorso di Arthur Fleck da vittima a carnefice di una società tanto folle e ingiusta da risultare tragicamente ridicola. Cupa palinodia di un mito del fumetto DC, capace di inserirlo nel clima di malessere sociale degli ultimi anni. Superlativa la prova del protagonista Phoenix. Voto 7.
Negli ultimi decenni il ruolo di Joker sembra essere tanto ambìto dai divi di Hollywood quanto quello di Riccardo III dagli attori shakespeariani; dopo l'interpretazione beffarda del mito Jack Nicholson sono venute la versione sanguinaria del talento andato via prima del tempo Heath Ledger, quella diabolica del premio Oscar (per un altro ruolo) Jared Leto e quest'ultima di Joaquin Phoenix, che ha trovato la chiave della sua recitazione da Oscar nella terribile risata del folle personaggio, una convulsa, sofferente, compulsiva esplosione di malessere e di disperazione, da sempre le anticamere dell'odio e del crimine. Il celebre villain del mondo dei comics sembra perfetto per il grande schermo, forse per via delle sue origini che risiedono proprio nel cinema e, al tempo stesso, nella grande letteratura: il creatore di "Batman" Bob Kane avrebbe infatti tratto ispirazione per la smorfia terribile di Joker dall'efficace maschera dell'attore Conrad Veidt (il futuro maggiore Strasser di "Casablanca") nel film "L'uomo che ride"(1928), basato sul capolavoro di Victor Hugo. Ma più che a Hugo il regista/sceneggiatore Todd Phillips si ispira al fumetto "The killing joke" di Alan Moore, e al cinema di Scorsese/De Niro, incentrato sulle folli rivincite di emarginati, esclusi dal sogno americano perchè troppo deboli o strani, ma pienamente inclusi nell'incubo americano. Lo stesso De Niro si presta a una breve ma significativa parte, in un ruolo simile a quello che fu del grande Jerry Lewis in "Re per una notte", con misura e intelligenza, lasciando il centro della scena a Phoenix, il cui Joker ha diversi punti in comune col suo celeberrimo "Taxi driver". Phillips azzecca quasi tutto, e se avesse avuto maggior capacità di sintesi nella prima parte della pellicola, asciugandola da eccessi patetici, avrebbe portato a termine un capolavoro; non dimentico dei suoi passati successi comici con notti da leoni e affini, riesce con abilità a inserire contrappunti comico-surreali memorabili in una vicenda nera come la notte, in cui il grottesco, come faceva dire Conan Doyle alla sua creatura Sherlock Holmes, dimostra di avere "una qualche recondita sfumatura di tragico e di terribile" che "si intensifica sino al crimine".
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