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Tutto il mio folle amore

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Tutto il mio folle amore

di Furetto60
7 stelle

Ottimo lavoro di Salvatores. Strepitoso l'esordiente Giulio Pranno

Presentato fuori concorso alla Mostra Cinematografica di Venezia 2019, il film di Gabriele Salvatores è liberamente ispirato al romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas, romanzo, che racconta la storia vera, di un padre e di un figlio autistico, che partono per un viaggio senza meta, a bordo di una motocicletta. Gabriele Salvatores traspone il libro di Ervas sullo schermo, rivisitandolo con ampi rimaneggiamenti, per rendere la trama più cinematografica. La storia racconta del sedicenne Vincent alias Giulio Pranno, figlio di  Elena,Valeria Golino e di Willy, Claudio Santamaria, il padre naturale del ragazzo, che ha abbandonato la donna, prima che costui nascesse. Willy, cantante squattrinato che sbarca il lunario alla men peggio nelle feste di piazza, soprannominato “il Modugno della Dalmazia”, decide improvvisamente di irrompere nella loro vita, per conoscere il figlio Vincent, che certamente non è un fanciullo facile, porta con sé le evidenti stimmate della sua malattia mentale, una grave forma di autismo, che gli impedisce di relazionarsi agli altri e gli inibisce il contatto fisico, di cui al titolo del romanzo. Vincent si nasconde nel furgone del padre e parte con lui, lasciandosi dietro una madre spaventata, che pensa addirittura ad un rapimento e un’altra figura,il di lei compagno, che con pazienza e dedizione, ha surrogato l’assenza del padre. Si mette così in viaggio, alla scoperta di sé, del mondo, del corpo e della vita con i suoi annessi e connessi, il sesso per esempio. Cosi finalmente Padre e figlio possono incontrarsi, confrontarsi e tra difficoltà e incidenti di ogni genere si riscoprono, ed è amore.  La tournée nei Balcani, diventa un’avventura piena di insidie, ma anche di situazioni delicate, e struggenti. Vincent a modo suo riconosce quel padre e si abbandona a lui, facendosi insegnare le cose della vita e imparando, Vincent ha meno paura, abbassa le difese e comunica. Bacia la pancia del padre per fargli capire quanto gli vuole bene, comunica attraverso il monitor di un computer perché lì le parole escono fluide senza blocchi, ormai lui e suo padre si fidano l’uno dell’altro. Anche Vincent insegna al padre il suo modo di vedere la vita, fatto di regole fisse, di ripetizioni, di liste di cose da fare. Quella strada è metafora di cambiamento, mezzo fantastico di comunicazione e conoscenza, per scoprire e scoprirsi, perché nel rapporto con i figli, l’importante è mettersi sulla loro stessa lunghezza d’onda. Vincent desidera, si innamora, si sforza a modo suo di capire il mondo. è un ragazzo speciale, diverso, complicato ma capace di dare e ricevere amore.  Vincent, che grazie al viaggio con il padre fa un passo avanti nella sua crescita. Quel bambino solitario che da solo, con le cuffie, attendeva, fuori da scuola, l’arrivo dei genitori finalmente riesce ad aprirsi al mondo, naturalmente non è stato unto dal Signore e continuerà a viaggiare in salita e col freno a mano tirato, ma sta maturando e questa tappa sarà fondamentale nella sua vita. Film lodevole, perché racconta la malattia mentale, senza edulcorarla, ma in   modo schietto e diretto, evitando infingimenti. Il film riporta Gabriele Salvatores, su binari a lui familiari e congeniali, al genere che più gli piace e che, gli riesce meglio: il road movie.
Ne sono esempi illustri Turné e Marrakech Express, e proprio da Marrakech Express sembra essere uscito, il suo mezzo fallito cantante di matrimoni Willi, Claudio Santamaria, voluto fin dal principio nel ruolo del protagonista. Sempre dal quel film Salvatores ha ripescato anche Diego Abatantuono, suo attore feticcio. Qui è nei panni di Mario, l’affettuoso ed equilibrato padre adottivo di Vincent, che ha il volto dell'esordiente Giulio Pranno, semplicemente strepitoso in un ruolo difficilissimo, in cui rischiava di diventare macchietta o caricatura, invece regge benissimo la parte, consegnandoci un’interpretazione maiuscola.  
Tutto il mio folle amore, che segna la prima collaborazione tra Valeria Golino e Gabriele Salvatores, prende il titolo dell'episodio diretto da Pier Paolo Pasolini del film a più mani “Capriccio all'italiana” e dal verso di una canzone di Domenico Modugno: "Cosa sono le nuvole". Il brano parla di un affetto intenso e incondizionato, che poi è il sentimento che lega fra loro i personaggi del film. Ottimo lavoro cinematografico del regista italiano.


 

 

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