Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Il cinema latitudinare ed esotico di Gabriele Salvatores si arricchisce di un nuovo titolo, tra i migliori della sua filmografia.
“Tutto il mio folle amore” è la sintesi perfetta del concetto cinematografico di contaminazione di generi sostenuta dal regista NapoMilanese. Domenico Modugno è il nume non tanto recondito, infatti lo stesso titolo del film, significante per il tema trattato, riprende un verso della canzone “Cosa sono le nuvole”. Willi è un emulo nel portare le canzoni e il suo canto per feste nei Paesi Balcanici (sempre al limite di un mondo altro da qui). Nel fare un po’ cialtronesco di Willi, nel grande cuore e nella interpretazione stupenda di Claudio Santamaria c’è tutto il carattere sanguigno del cantante di Volare. Oggi, a distanza di anni, il mondo dell’autore di “Mediterraneo” ci appare come un altrove libero che si muove per conto proprio. Parallelo, come le due vite vissute dal protagonista Vincent: un sedicenne afflitto dal disturbo dello spettro autistico che con mamma Elena (una Valeria Golino nuotatrice indolente e tenace) e papà adottivo Mario (un Diego Abatantuono maturo e impeccabile) si scherma nella “stereotipia” normale, familiare; con il vero papà Willi Poi vive un’avventura on the road. Qui il racconta si illumina, apre scenari e nuove occasioni, la contaminatio di Salvatores si potenzia di nuovi tasselli stilistici ed emotivi. E’ proprio l’emotività il termometro della pellicola. E’ come se il ritmo e i gesti irregolari dell’autistico Vincent (un Giulio Pranno strappalacrime, più vero del vero) si impossessassero del film stesso, dandogli quella vitalità ed espressività improvvisa e non calcolata del personaggio. Willi con la sua spontaneità, con il suo essere padre imbranato “gestisce” un figlio diversamente abile nel modo giusto. Vincent è come noi e quando alla fine bella mamma lo salverà, lui sceglierà quella parte, perché è quella del cuore. Agli altri due non resterà che un saluto, un naso finto e un insegnamento per ripartire: fase 1, fase 2.
“Tutto il mio folle amore” non è altro che l’ennesimo film di Gabriele Salvatores sul sentimento dell’amicizia (tra un padre e un figlio) e sul desiderio di fuga come motore centrale della vita e di se stessi. Al contempo è una cinematografia rinnovata e sperimentale, di frontiera, post punk, post hippie, a muso duro contro il superfluo contemporaneo.
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